Ambiente

Goletta Verde, inquinate le acque in quattro punti della costa salentina

BARI – “Casi cronici”. Così Legambiente e Goletta Verde, hanno definito, tra gli altri,  i quattro punti del Salento dove, anche per quest’anno, l’acqua è risultata fortemente inquinata.
Si tratta di Castrignano del Capo, Marina di Leuca, nel punto di maggior rischio ovvero il canale di scarico, di Torre Guaceto a Carovigno e di Apani, Brindisi, rispettivamente alla foce dei canali Reale e Posticeddu, e a Marina di Lizzano, alla foce del fiume Ostone.

“Fortemente inquinato” vuol dire che la presenza di enterococchi intestinali, Escherichia coli, è risultata più del doppio del limite consentito. Assente anche la cartellonistica che dovrebbe avvisare i cittadini che lì, l’acqua è inquinata.

Nessun novità, ma una conferma – sottolineano gli esperti di Legambiente e Goletta Verde. Nella norma, invece, le acque di Torre Lapillo, Santa Caterina, Gallipoli, Otranto, Vernole nelle Cesine.

La responsabile è la “maladepurazione” – hanno chiarito – “una emergenza ambientale da affrontare con urgenza”. Sull’Italia pesa una condanna da 25milioni di euro e ulteriori 30 ogni sei mesi se non ci si metterà in regola. Un costo che ricade direttamente nelle tasche dei cittadini.

Per il presidente di Legambiente Puglia, Francesco Tarantini, il risultato del monitoraggio fatto tra il 17 e il 20 luglio, è “positivo nel suo complesso ma svela, appunto, il persistere delle criticità”. Il 17% dei depuratori continua a non essere a norma. Dal monitoraggio dell’Arpa Puglia nel 2017 risultano scesi a 32 gli impianti di depurazione che hanno presentato una non conformità alla Direttiva comunitaria (91/271) sul trattamento delle acque reflue urbane. Di questi 14 avevano lavori in corso tali da rendere plausibile un decremento dell’efficienza depurativa e riguardano Galatone, Lizzano, Faggiano.

Resta alta la spesa sostenuta per lo smaltimendo dei fanghi da depurazione. A oggi Acquedotto pugliese, e quindi i cittadini, paga 29milioni di euro per lo smaltimento che per lo più avviene fuori regione. Bisognerà attender il 2020, secondo il nuovo piano rifiuti, per attivare i 60 impianti pugliesi.

Una parte dell’acqua viene riutilizzata in agricoltura, come Santa Cesarea Terme, Trcase, corsano ugento san donaci e martina franca. Ma non è ancora sufficiente.

Castrignano del Capo, tra gli agglomerati segnalati nella procedura di infrazione comunitaria, andrà a norma nel 2020. Mentre Porto Cesareo e Taviano, inclusi nella condanna inflitta all’Italia, andranno a norma rispettivamente entro l’anno e, per il secondo, non appena si disporrà il dissequestro dell’are di cantiere.

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