Ambiente

Tap, da “Lo bloccheremo in 15 giorni” ai freni della Lezzi. La parabola M5s sul gasdotto

LECCE- Tra noTap e M5s la luna di miele sembra essere giunta al capolinea. Nemmeno il lungo post della ministra per il Sud Barbara Lezzi, incalzata dagli attivisti leccesi, basta ad abbassare i toni, anzi.

Il casus belli risiede nel fatto che la BERS (Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo) abbia deciso due giorni fa per un maxi finanziamento da 500 milioni di euro al gasdotto che arriverà a San Foca di Melendugno e lo ha fatto grazie anche al voto dell’Italia. Parere positivo, dunque, sulla base delle indicazioni giunte dal Ministero dell’Economia e Finanze. Un atto di “tradimento” lo hanno bollato i noTap, memori delle promesse ben precise fatte durante la lunga campagna elettorale delle Politiche del 4 marzo.

Così parlava Alessandro Di Battista a San Foca nell’aprile 2017: “col M5s al governo blocchiamo questo progetto in 15 giorni”. E promesse di stop sono giunte a più riprese dagli esponenti pentastellati. Da ultimo, un mese fa il ministro all’Ambiente Costa ha annunciato che la “revisione” è in corso. Poi la doccia fredda delle scorse ore, ciò che Lezzi giustifica dicendo che, a fronte di una decisione non ancora definitva, il Ministero “deve onorare il trattato ereditato che impegna l’Italia ad agevolare autorizzazioni e ad agire in tutte le forme per non ostacolare l’opera”. La Ministra frena sulla possibilità di far saltare il gasdotto. “Quando sottolineo che esiste un trattato internazionale – scrive – lo faccio a beneficio di coloro che, per svariate ragioni, non conoscono esattamente quale tipo di impegno abbia ratificato la maggioranza in Senato nel 2013 e alla Camera nel 2014. Tale maggioranza riteneva, e ritiene, l’opera “strategica”. Il M5S non la ritiene tale esattamente come nel 2013”. I cinquestelle sono però ora nella plancia di comando assieme alla Lega e ciò “a molti sfugge”, rimarca ancora. Perché è ciò che, a suo dire, impone “una dettagliata, puntuale e approfondita analisi costi benefici e convocare il comitato di conciliazione”. Sul piatto della bilancia sono posti anche “impatto ambientale, penali, credibilità del nostro Paese, accordi siglati per diminuire il consumo di fonti fossili ecc. ecc. ecc.”.

“Faremo di tutto per sciogliere i nodi. Ma è necessario evidenziare le enormi difficoltà”, conclude la ministra salentina. E questo a fronte, come detto da Bari nelle scorse ore, del fatto che il trattato ratificato cinque anni fa dal Parlamento “lega mani e piedi del nostro Paese”.

E il dubbio alla fine resta. Perché delle due l’una: o in campagna elettorale non si conosceva l’esistenza del trattato tanto da spingersi in quelle affermazioni oppure lo si conosceva ma la promessa più alta era una tentazione irrinunciabile.

Tiziana Colluto

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