AmbienteCronaca

Rapporto nazionale agromafie, è allarme: il 10% dei terreni in mano alla malavita

SALENTO – Dati per nulla rincuoranti quelli emersi sul Salento dal quinto rapporto sulle Agromafie redatto dall’osservatorio di Coldiretti. Nella classifica che include tutte le province italiane Taranto si piazza al 15esimo posto, preceduta da Bari al decimo. Lecce, invece, è 28esima e Brindisi 46esima.

“Lo scenario ‘evolutivo’ delle agromafie -denuncia il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele- è drammaticamente dilagante. L’indice di permeabilità raggiunge il 66,80 a Brindisi, il 34,56 a Taranto e il 25,94 a Lecce”.

Dei 26.200 terreni su tutto il territorio nazionale nelle mani di soggetti condannati in via definitiva per reati che riguardano, tra l’altro, l’associazione a delinquere di stampo mafioso e la contraffazione, in Puglia e nel Salento ben 2.489 (ossia il 9,5%) sono in mano alla mafia, anche perché il processo di sequestro, confisca e destinazione dei beni di provenienza mafiosa si presenta lungo e confuso, spesso non efficace. Non a caso più volte i controlli hanno rilevato che alcuni beni, anche confiscati definitivamente, sono di fatto ancora nella disponibilità dei soggetti mafiosi.

Coldiretti tira le fila e lancia l’allarme anche in occasione della XXIII^ Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.

Il Rapporto Agromafie elaborato insieme da Eurispes e l’osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, evidenzia che ad andare in fumo in questo territorio sono stati circa 2 miliardi di euro a causa di inadempienze, procedure farraginose, lungaggini burocratiche.

Quello che emerge è che qui i reati contro il patrimonio (furto, usura, danneggiamento, pascolo abusivo, estorsione, ecc.) rappresentano la “porta di ingresso principale” della malavita organizzata e spicciola nella vita dell’imprenditore e nella regolare conduzione aziendale.

Capitolo a parte merita il mercato parallelo di prodotti agricoli provenienti da migliaia di chilometri di distanza, spesso sofisticati, spacciati per prodotti di qualità e falsamente ‘made in Puglia’, ancora una volta a danno dell’imprenditoria locale e dei consumatori.

C’è però nella bufera qualcosa che lascia ben sperare: il grado di controllo e penetrazione territoriale della Sacra Corona Unita in Puglia pur mantenendosi significativamente elevato risulta inferiore che altrove. Come a dire “potrebbe andare peggio” certo, anche se nella lotta all’agromafia di strada da fare ce n’è e come.

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