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Brindisi, la città salvata da operai e tramontana: 40 anni fa l’esplosione del Petrolchimico

BRINDISI- Se Brindisi si è salvata non è solo perché quella notte soffiava la tramontana. E’ anche perché tre operai hanno rinunciato alla loro vita per evitare il peggio e mettere al riparo la città dalle conseguenze di un disastro che si preannunciava epocale. I loro corpi furono trovati riversi sotto i quadri elettrici. Il pm che seguì le indagini, Di Bitonto, disse che “i tre lavoratori si erano sacrificati nel disperato tentativo di mettere in sicurezza l’impianto”.

Quarant’anni dopo lo scoppio del petrolchimico, matura la consapevolezza di quello che Carlo Greco, 47 anni, Giovanni Palizzotto di 23 e Giuseppe Marulli di 34 hanno scongiurato, assieme a 57 lavoratori che rimasero feriti e ai vigili del fuoco. Oltre un centinaio gli intossicati.

In mattinata, il vescovo Domenico Caliandro ha celebrato la messa nel dopolavoro del Petrolchimico. L’associazione Vite Inquinate – Comitato per la tutela del Diritto alla salute ha organizzato nell’auditorium del Liceo Linguistico “E. Palumbo” una manifestazione di studio, mentre i No al Carbone nel pomeriggio un incontro di commemorazione in piazza Vittorio Emanuele II.

Eventi per riflettere, non solo per rievocare quello che è stata quella notte di fuoco: l’esplosione svegliò Brindisi e tutti gli abitanti dei 50 chilometri intorno, leccesi compresi, mezz’ora dopo la mezzanotte dell’8 dicembre 1977. Un cielo arancione, mai visto prima.

Lo scoppio del reparto di cracking segnò il primo boato. I tre operai morirono carbonizzati. Altri due colleghi vennero scaraventati dalla forza d’urto e si salvarono per questo. Il rumore delle deflagrazioni si confuse poi con quello delle sirene: per domare il fuoco vennero impiegati 28 mezzi e 111 uomini. Bruciava la “cattedrale”, come veniva definito il petrolchimico allora nelle mani di Montedison.

Nei giorni precedenti, nel reparto interessato dall’incidente era stata eseguita una manutenzione straordinaria. La commissione d’inchiesta stabilì che il disastro venne provocato da una fuga di propilene, infiammabile, da una conduttura. In tre minuti, un’esplosione potente quanto quella prodotta da 15 tonnellate di tritolo.

La zona fredda fu interamente distrutta, così come la palazzina direzione e altre strutture civili. 400 miliardi di lire l’ammontare dei danni. Per due settimane il petrolchimico restò spento. Poi seguirono i licenziamenti, le crisi, la lenta ricostruzione. Ma a quella notte risale la prima consapevolezza su quello che l’industrializzazione a Brindisi avrebbe significato.

 

Foto gentilmente concesse da brindisioggi.it

 

 

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