Cronaca

Omicidio bodyguard, il killer condannato a 30 anni

SAN CESARIO- Da 20 a 30, 10 anni di carcere in più rispetto alla sentenza di primo grado. Condanna più pesante, in appello, per Lorenzo Arseni, il killer del body guard Gianfranco Zuccaro, dovuta al riconoscimento, questa volta, dell’ aggravante della  premeditazione. La sentenza è arrivata a distanza di qualche mese dalla prima condanna.

Questa volta a pronunciarsi i giudici della Corte d’Assise d’Appello presieduta da Vincenzo Scardia e relatore Antonio del Coco,  alla quale i familiari avevano fatto ricorso  per ottenere giustizia, chiedendo anche con l’avvocato Mariangela Calò, l’articolo 7 , l’aggravante mafiosa, che neanche questa volta è stata però riconosciuta.

Gianfranco Zuccaro, body guard, esperto di kikeboxing,  è stato  assassinato il 7 luglio del 2013 nella piazza centrale di  San Cesario da Lorenzo Arseni che ha agito sotto gli occhi delle telecamere con crudeltà e freddezza, seguendo la sua vittima, sparandole contro un colpo dopo l’altro. Le immagini riprese dalle telecamere del bar hanno lasciato pochi dubbi agli investigatori sull’identità dell’assassino

Era stato arrestato dai carabinieri del nucleo investigativo di Lecce dopo alcuni giorni di latitanza a Torre S. Gennaro, marina di brindisi. I militari al comando del capitano Biagio Marro per catturarlo si erano confusi tra i bagnanti in spiaggia e avevano seguito la moglie e la figlia sino alla villetta dove l’uomo si nascondeva.

I pubblici ministeri Antonio De Donno e Roberta Licci avevano chiesto l’ergastolo . Per l’accusa infatti si trattava di un omicidio mafioso e  premeditato maturato in un ambiente caratterizzato da estorsioni, pestaggi e minacce. Il Gup Carlo Cazzella non aveva , il 24 aprile scorso, riconosciuto la premeditazione.

I legali dell’imputato, Massimiliano Petrachi e Ladislao Massari, avevano cercato di smontare l’impianto accusatorio sostenendo che Arseni avesse agito d’impeto .La condanna quindi è passata da 20 a 30 anni, ma I legali  non si fermeranno qui. Faranno ricorso in cassazione perché venga riconosciuta l’aggravante mafiosa.

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