LECCE- “Compagna Susanna, ritira la tessera a chi ha tradito lo Statuto dei Lavoratori”. Il documento inviato dai delegati nazionali oltranzisti a Susanna Camusso ci va giù duro con chi ha votato il Job act: un’azione che per i “sindacalisti fedeli alla linea” è un vero e proprio tradimento della propria storia per pura convenienza politica. Ecco perché, adesso che il Pd ha rotto con il sindacato, “bisogna allontanare chi ha votato un provvedimento che restringe i diritti dei lavoratori”. Il primo della lista è proprio l’ex leader della Cgil, Guglielmo Epifani, ma ci sono anche, senza essere nominati nel documento, tutti quei parlamentari e sottosegretari che sostengono Renzi e hanno una lunga storia nel sindacato di sinistra. Gli oltranzisti puntano il dito anche su Teresa Bellanova, che cominciò a 20 anni con la Federbraccianti pugliesi, ma ci sono anche altri militanti della Cgil nel mirino: dall’ex segretario generale a Cesare Damiano, con una lunga carriera nella Fiom, a Luisella Albanella, proveniente dalla Cgil siciliana; Cinzia Fontana, ex sindacalista di Crema; Anna Giacobbe, per anni a capo dei pensionati della Cgil ligure; Marco Miccoli, già dirigente nazionale della Cgil comunicazione; e infine Titti Di Salvo, che fino a pochi mesi fa stava in Sel.
Politici che hanno basato la loro carriera politica sulle battaglie sindacali e sulla difesa del lavoro e che oggi vengono presi di mira, “per essersi venduti a Renzi”, proprio dagli ex compagni. Cacciandoli il sindacato non li sosterrebbe più durante le elezioni. C’è anche una raccolta firme in corso per punire chi si è discostato dalla linea della confederazione, anche se, a dire il vero, non esistono regole del sindacato che prevedono punizioni per chi non vota come vorrebbe la Cgil. “Non mi sembra che la Camusso possa accogliere una richiesta simile – spiega Salvatore Arnesano, segretario provinciale leccese Cgil – anche se c’è una forte delusione: chi ha votato il job act ha fatto uno sbaglio, perché limita i diritti dei lavoratori e non porta occupazione, ma più precarietà”. L’unica cosa certa è che il Pd è sempre più distante dal sindacato.