Politica

Pd: i retroscena sull’esclusione di Rampino e il caso Linciano

LECCE- Gli autoconvocati non erano tutti d’accordo sul nome di Alfonso Rampino: a svelare il retroscena è una componente della minoranza, Maria Linciano. La sindacalista che lavora al Caf di Monteroni, infatti, nel giorno in cui si dovevano chiudere le liste per il rinnovo del consiglio provinciale, ha fatto i salti mortali per essere inserita tra i candidati.

Linciano non ha accettato la richiesta di Rampino e Foresio di non firmare per la sua candidatura: dopo un primo no comment, lo svela lei stessa. Ci sarà una versione ufficiale dell’accaduto, ma la verità è che non c’era nella minoranza una convergenza totale sulla strategia spingere solo Alfonso Rampino.

Maria Linciano, renziana della prima ora molto conosciuta nel suo paese, ha combattuto per entrare in lista, aggredendo verbalmente anche il segretario Piconese, perché riteneva necessario che il territorio di Monteroni fosse rappresentato.

Alcuni autoconvocati le avrebbero riferito che la segreteria provinciale aveva concesso solo un nome alla minoranza, quindi, le avevano chiesto di fare un passo indietro per permettere a Rampino di candidarsi. Lei, invece, ha deciso di prendere la situazione di petto e si è rivolta prima alla vicesegretaria regionale, Sandra Antonica, e poi a Salvatore Piconese per chiedere spiegazioni: quando ha saputo che era tutto un bluff, ha insistito per essere candidata e ce l’ha fatta.

Il resto è già stato svelato: il segretario provinciale, dopo aver scoperto questo retroscena e dopo aver chiesto un altro nome oltre a Rampino, ha deciso di agire escludendo il consigliere provinciale uscente, lasciando di fatto scoperto il territorio di Trepuzzi. Un regolamento di conti che ha fatto scoppiare una nuova guerra interna con una parte della minoranza.

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