Cronaca

“E’ una casa dell’amico degli amici!”, le mani del clan sulle aste giudiziarie

GALATINA- I soldi dell’usura per costruire mega ville, ma anche per acquistare case alle aste giudiziarie, condizionarne le aggiudicazioni, favorire gli amici e mettere fuori gioco chi è ritenuto di troppo. C’è un capitolo scottante che emerge dagli atti dell’inchiesta che ha portato, nelle scorse ore, a nove arresti a Galatina.
A svelare il business sono state le dichiarazioni “illuminanti” rese al pm da una delle vittime degli strozzini: “il Palumbo (Carlo, ndr) è proprietario di fatto di numerosi immobili, acquistati di regola – tramite prestanome – alle aste indette dal Tribunale di Lecce”. Questo aveva detto. E i riscontri li hanno trovati i finanzieri del Gico della Guardia di Finanza, guidati dal colonnello Nicola De Santis e dal maggiore Giuseppe Dinoi.

I casi sono tanti e diversi. C’è l’aggiudicazione di un immobile, per 218.531 euro, da parte di Francesco, figlio di Carlo Palumbo, su una procedura di esecuzione del 2009, casa destinata ad essere poi venduta sul mercato, a prezzi pari a più del doppio. Lo rivela un dialogo captato dagli investigatori. Al telefono lo stesso Carlo Palumbo parla di un possibile acquirente: “Senti…alle dodici meno un quarto gli ho fatto vedere la casa .. a quello… Esposito … il giocatore che gioca col Bologna… eh..e.e..pare che..è convinto…450 gli ho cercato”.

Da dove provenivano i soldi per partecipare all’asta? Gli accertamenti disposti dal pm Alessio Coccioli “consentivano per un verso di riscontrare che, in effetti, il finanziatore dell’operazione immobiliare era Carlo Palumbo, per l’altro il coinvolgimento, appunto, di Lugi Nuzzaci”. È attraverso i conti correnti intestati a quest’ultimo o di cui lo stesso ha disponibilità che vengono “effettuate operazioni che sono volte a favorire “l’occultamento”della provenienza delittuosa delle disponibilità economiche di altri sodali”. In sostanza, anche per il gip Giovanni Gallo, è Luigi Nuzzaci “il custode dei proventi illeciti del clan”.

Poi, ci sono le intimidazioni. Un concorrente all’asta è stato costretto a versare indebitamente al sodalizio 30mila euro per ottenere la desistenza dalla procedura e non perdere la casa della sua famiglia.

Non solo. Sarebbe stato lo stesso Mario Notaro, ritenuto tra i vertici del gruppo, ad ammonire personalmente un altro soggetto, tra l’altro vittima di usura: “Hai comprato una casa dell’amico degli amici! Devi ritirarti subito”. Da qui la rinuncia alla procedura, nonostante avesse già versato mille euro e avesse incassato l’aggiudicazione provvisoria. Alla richiesta di restituzione almeno di quella cauzione, Notaro gli avrebbe risposto: “non ti diamo nulla! Pigli solo mazzate”. Per far capire il peso degli interlocutori, gli è stata rubata, come preannunciatogli, anche l’auto.

“Metodo mafioso”, secondo il gip, quello utilizzato dagli indagati, per aver fatto “riferimento all’interesse del noto pregiudicato Mario Notaro o, ancora, degli “amici degli amici”, all’aggiudicazione dell’immobile, essendo nota la vicinanza di questi al clan mafioso Coluccia di Galatina”. Anzi, stavolta “non vi è stato solo un generico riferimento a notabili locali, ma la fattispecie si è sviluppata secondo il classico iter criminoso che contraddistingue il metodo mafioso. Si è passati dal riferimento a personaggi noti alla minaccia (furto d’auto) all’esecuzione della minaccia stessa. Tutto ciò rende il vero senso dell’intimidazione che scaturisce dal vincolo associativo e che innesta nella mente della persona offesa lo schema “sgarro”-reazione violenta”.

Tiziana Colluto

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