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“Tacciano le armi”: i messaggi di pace dei vescovi del Salento

SALENTO – “Il primo regalo del sepolcro vuoto è destinato a tutti i cuori induriti dalla smania di potere e di sopraffazione, che conduce alla divisione e ai conflitti tra gli uomini e tra i popoli”. Il messaggio di pace che l’arcivescovo di Lecce, Michele Seccia, rivolge alla comunità alla vigilia di Pasqua, è un pensiero speciale che punta a risvegliare la speranza.

Non una cosa semplice, adesso più che mai: dopo due anni di paura e distanze legate alla pandemia e, adesso, con un conflitto in atto.

“Un nuovo patto di fratellanza interpersonale, familiare, universale”: questo auspica l’arcivescovo. “Soprattutto -dice- alla fine di questo tempo, dove la paura del contagio e la diffidenza gli uni verso gli altri hanno contaminato le nostre relazioni. È dono della Pasqua la pace, di questa Pasqua, a cui affidiamo il “compito” di una conversione profonda della nostra vita, ciascuno con un passo verso l’altro”. Un pensiero speciale è poi rivolto alle associazioni di volontariato, le parrocchie, gli ammalati, i detenuti, e poi a chi trascorrerà la Pasqua al fianco del popolo ucraino in fuga e a quella povertà silente che merita di essere guardata negli occhi e sostenuta con una carità vera e sentita,

Anche l’arcivescovo di Taranto, Monsignor Filippo Santoro, a conclusione della Processione dei Sacri Misteri, ha rivolto un messaggio di pace alla comunità, partendo proprio dalle esperienze dei rifugiati ucraini accolti nel capoluogo ionico.

Nella Cattedrale di San Cataldo, venerdì, Monsignor Santoro ha lavato i piedi ai ragazzini ucraini.”Uno di loro – ha raccontato – non voleva farlo perché gli ricordava il suo papà, che tante volte nella sua parrocchia in Ucraina ha fatto, come si suol dire, l’apostolo. Ho visto un bambino paralizzato nelle emozioni, scaraventato lontano da casa sua, con il pensiero fisso alla famiglia lontana. Nella tristezza profonda di questo bambino, in un attimo, ho ascoltato tutto il racconto dell’idiozia della guerra. Quando il mondo smarrisce la strada di Dio, che è strada dell’amore, il mondo diventa un inferno”.Per il futuro di Taranto, infine, l’auspicio dell’aricivescovo chiama in campo le istituzioni: “si parla di tante speranze legate al PNRR, alla ZES, al Cis, ai Giochi del Mediterraneo, alla nuova Amministrazione – ha detto – chiedo a tutti e in particolare alle autorità di vigilare con rigore perche queste risorse non finiscano nelle mani della mala vita o siano deviate per altri fini diversi dal bene comune. La nostra Città ha tutto il diritto di rinascere e di mostrare la sua bellezza”.

Da Brindisi, infine, invita a tenere braccia distese e mani aperte l’arcivescovo, Monsignor Domenico Caliandro. “Due anni fa – ha ricordato – eravamo assorti nel silenzio delle strade, quando l’inattesa pandemia ci ha costretto a rimanere chiusi in casa. Oggi abbiamo il cuore sgomento, mentre gli echi della guerra sono insistenti, le parole fra i capi delle nazioni sono condite di acredine e lo strazio degli afflitti non trova consolazione. Ci siamo abituati allo stile del conflitto in cui è vincente il più forte, colui che sa alzare di più la voce, come avviene abitualmente anche nei contesti ordinari di vita, nei dialoghi per strada o con i mezzi di comunicazione. Ma, in un mondo che ragiona con violenza – ha ricordato – il cristiano è chiamato invece a confrontarsi con la scena muta e scomoda del Crocifisso. È nel contemplarlo che scopriamo quanto l’amore sia più forte della violenza e dell’odio”.

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