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Ex Ilva Taranto, blindati i soldi per le bonifiche: affondata linea governo

TARANTO – Il dato, oltre che ambientale, è anche politico. Nella notte il Governo sull’ex Ilva di Taranto è andato sotto. La maggioranza, in commissione Bilancio, ha  affossato l’articolo 21 del decreto Milleproroghe. Questo destinava una parte dei fondi per le bonifiche ex Ilva a progetti di decarbonizzazione da attuare nel siderurgico tarantino. Una mission, secondo il Governo, da contestualizzare “nel quadro degli obiettivi nazionali ed eurounitari di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra”.

In ballo 575 milioni che, lo ricordiamo, sono una parte dei soldi sequestrati dalla Magistratura alla famiglia Riva, ex proprietaria del colosso, passati poi nella disponibilità della gestione commissariale.

L’articolo 21 prevedeva una rivisitazione delle norme sull’utilizzo della porzione di quel tesoretto, di poco più di mezzo milione appunto, risultato finora inutilizzato. Per le bonifiche sarebbero stati impiegati 190 milioni, il resto sarebbe stato investito,invece,  per l’attuazione del piano ambientale e di tutela sanitaria.

La levata di scudi della maggioranza, con favorevoli solo Lega e Fratelli d’Italia, ha affondato dunque questa strada.

A adesso? I soldi restano dunque alle bonifiche, per essere spesi dai commissari di Ilva in amministrazione straordinaria in quelle aree (18 in tutto, di cui 3 sotto sequestro della Magistratura) che nel novembre 2018 non sono state prese in carico da ArcelorMittal, subentrato nella gestione degli impianti ad Ilva in amministrazione straordinaria.

Soddisfatti i sindacati che rivendicano la tutela del territorio e dei lavoratori. «I fondi provenienti dai beni sequestrati alla famiglia Riva, tornano ad essere disponibili nelle zone più compromesse dall’inquinamento industriale. Viene così restituito il maltolto» dice Francesco Rizzo, coordinatore provinciale Usb Taranto, aggiungendo che «ora è opportuno che le risorse libere, vengano sfruttate per i lavoratori».

Soltanto martedì scorso, il rapporto Onu sull’ambiente aveva definito il colosso tarantino «tra i luoghi più degradati in Europa occidentale». «Il diritto a un ambiente salubre – è scritto in un passaggio – può essere garantito solo se si limita l’utilizzo di sostanze tossiche che colpiscono le persone più vulnerabili. Così, evidentemente non accade a Taranto dove le operazioni di pulizia e bonifica dovevano iniziare nel 2021 ma sono state rinviate al 2023, con azioni dei diversi governi che permettono all’impianto di funzionare non tenendo conto neanche della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo con la quale l’Italia, nel 2019, è stata condannata per aver violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare di alcuni cittadini».

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