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Agrovoltaico nell’Arneo: “rischio archeologico medio-alto”

NARDO’- L’area interessata dal progetto agrovoltaico nel cuore dell’Arneo presenta “un grado medio alto di rischio archeologico”. Tutta, “ad esclusione di limitate aree classificabili con un grado basso di rischio archeologico”, cioè 4,4 chilometri del percorso da 14 chilometri dell’elettrodotto. Significa che entro 100 o al massimo 200 metri dai luoghi interessati dall’impianto sono state rilevate presenze archeologiche.

A metterlo nero su bianco è l’archeologa Paola Guacci nella relazione apposita allegata agli atti depositati dalla società INE Nardò srl, che fa parte del gruppo ILOS New Energy Italy con sede a Roma. Lì, alle porte dell’abitato di Boncore, su 92 ettari di Masseria Maremonti, si vorrebbe costruire un impianto fotovoltaico da 67 megawatt con 117mila pannelli impiantati su pali alti 4,5 metri dal suolo, nuova tecnologia che consentirebbe di coltivare anche, sebbene sul piano agronomico i documenti presentati dicano molto poco.

Certo, la presenza di rischio archeologico potrebbe non essere un impedimento: “ non deve considerarsi un dato incontrovertibile, – è precisato nella relazione – ma va interpretato come una particolare attenzione da rivolgere a quei territori durante tutte le fasi di lavoro”. Di contro, “l’attribuzione di un rischio basso non va considerato come una sicura assenza di contesti archeologici, ma come una minore probabilità di individuare aree archeologiche, che comunque potrebbero rinvenirsi al momento dei lavori”.

Nel raggio di 5 km dall’area interessata dalla realizzazione dell’impianto sussiste un’unica area di particolare interesse archeologico, sottoposta al regime di vincolo diretto, ed è località Scala di Furno a Porto Cesareo. Nell’area prossima al progetto sussistono aree a rischio archeologico, in particolare località di Porto Cesareo e Masseria La Cornula a Nardò. Nel caso specifico si è deciso di sottoporre a perlustrazione diretta non solo le aree di progetto ma anche una porzione di territorio adiacente, entro 50 metri. Qui non vi sono vincoli archeologici e aree note. Tuttavia,“è stato possibile rilevare alcuni affioramenti inediti di materiale archeologico”.

In corrispondenza dell’area che ospiterà il lotto fotovoltaico sono state rinvenute tracce di occupazione protostorica, areali fittili a media-alta concentrazione di materiale (UT 2, UT 3) o con concentrazione sporadica (UT 1), segno verosimilmente della presenza di piccoli agglomerati di capanne. Tanti i tratti di carraia romana che sono emersi, soprattutto lungo il percorso del cavidotto o a poca distanza da Masseria Maremonti, ma il rischio classificato come “alto” si ha principalmente nel lotto che dovrebbe essere coperto con i pannelli: come emerso dalle indagini sul campo, “l’area è attraversata dalla probabile sopravvivenza della via Sallentina”, ha scritto l’archeologa, vale a dire quell’arteria di età romana, che ricalcava la traiettoria già in uso in epoca messapica, che congiungeva Taranto ai maggiori centri della costa ionica, vale a dire Manduria, Nardò, Alezio, Ugento e Vereto.

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