Cronaca

L’oro sprecato: spesi 6 milioni per ributtare in mare l’acqua per i campi

TRICASE- I colori, soprattutto, rendono questo posto tra i più belli della costa levantina. Chi non lo sa non può immaginare che qui, al Canalone del Rio, ci scarichi un depuratore.  Gli habitué sfidano il divieto di balneazione che è doppio, ma ben riportato sul cartello: uno per il pericolo crollo delle falesie e l’altro per lo sbocco dei reflui. Sulla carta, l’intera insenatura è inaccessibile. Ma tant’è.
Uno striscione dal testo eloquente negli ultimi giorni è apparso per ricordarlo a tutti il paradosso di Tricase: sei milioni di euro di fondi Ue sono stati spesi per l’impianto di affinamento che avrebbe consentito di riutilizzare le acque in agricoltura. È fermo. Pronto da anni ma mai collaudato: è del Comune e dovrà essere gestito assieme al Consorzio di bonifica Ugento Li foggi, ma dopo un acquazzone di 4 anni fa si sono rotte le vasche, ne è nato un contenzioso interminabile con la ditta, un rimpallo di responsabilità e ora serviranno altri 150mila euro per sistemare il tutto.

E’ ottimista il sindaco Antonio Coppola: “il prossimo anno l’impianto partirà, ma comunque il divieto di balneazione è costretto a rimanere. Non c’è alcun problema ambientale per lo scarico”. Queste foto, scattate il 10 luglio scorso, però, immortalano la schiuma abbondante e dicono che il lavoro da fare è ancora tanto.

Non è una protesta contro qualcuno, ma il nostro silenzio sarebbe complice e per questo non stiamo zitti”, dicono dal Comitato Stop Inquinamento. Troviamo Giulio Sparascio, presidente nazionale di Turismo Verde, tra i suoi pomodori lasciati seccare al sole. Lui, tra queste campagne arse dal sole, se lo ricorda l’arrivo dell’acqua, una mattina di maggio del 2009. Sembrava la svolta. Poi, nulla più.

Il nodo è proprio questo: mentre l’infrastruttura costata milioni di euro continua a invecchiare senza essere utilizzata, il Canalone del Rio resta, anche d’estate, ostaggio del depuratore e 450 ettari di campagna rimangono a secco. E non c’è altra possibilità: in questa zona è vietato perforare pozzi, la falda dolce rischia l’intrusione salina. Aspettare il prossimo anno? Sì, se andrà bene. Ma sarà già tardi.

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