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La battaglia di una mamma per il figlio con ADHD

A volte, dietro le mura di una scuola, si nascondono storie che faticano a essere ascoltate. È la storia di Franesco (nome di fantasia), un bambino di sei anni affetto da ADHD, e di sua madre, Sara, che da mesi cerca di dare voce a un dolore che non dovrebbe appartenere a nessun bambino.
La vicenda ha avuto inizio mesi fa, quando una maestra dell’istituto frequentato da Francesco è finita sotto indagine per abuso dei mezzi di correzione.
Dopo l’incidente probatorio, il piccolo è stato ritenuto non in grado di testimoniare, e il pubblico ministero ha chiesto l’archiviazione.
Sara ha scelto di non opporsi, ma oggi vuole raccontare la sua verità.

“Da tempo mio figlio convive con un disturbo da deficit di attenzione e iperattività. Ho trovato silenzi, chiusure e indifferenza. Non cerco vendetta. Cerco verità, rispetto e collaborazione.”

Sara parla di una scuola che non sempre sa accogliere le fragilità, e di un sistema che spesso lascia sole le famiglie.

Il tuo oggi vuole essere un appello perché quello che tu hai vissuto non accada ad altre mamme?
Certo, è un appello per dare voce a chi voce non ne ha mai avuta… bisogna intervenire davanti al bene dei figli, perché troppe persone restano in silenzio per paura o mancanza di strumenti.

Come ti sei accorta che qualcosa non andava in classe?
L’atteggiamento di mio figlio era cambiato. Era peggiorato, aveva paura, rifiutava la scuola. Poi, parlando con lui e con altre mamme, abbiamo capito che c’era qualcosa che non andava. I segnali erano chiari.

Ti senti tradita dalla giustizia?
Certo, fa rabbia sentirsi dire che le dichiarazioni di tuo figlio non sono attendibili perché ha l’ADHD. Mio figlio non è meno credibile: è solo diverso, e la giustizia dovrebbe capirlo.

Cosa ti senti di dire oggi?
Spero che vengano sempre adottate le giuste misure per questi bambini. Non sono “diversi”, sono solo bambini che funzionano in modo speciale. La scuola deve diventare un posto adatto anche a loro.

Oggi Francesco frequenta una nuova scuola e sta ricostruendo, passo dopo passo, la fiducia che aveva perduto.
Sara continua la sua battaglia, non nelle aule di tribunale, ma facendo sapere a tutti che ascoltare e comprendere un bambino fragile non è un favore, è un dovere.

“Ogni scuola dovrebbe essere un luogo di accoglienza, non di paura.”

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