CronacaLecce

Twiga Beach Club, tutti assolti in appello. Revocata la confisca

Si chiude in appello una vicenda giudiziaria passata alla ribalta delle cronache nazionali. La Corte d’Appello di Lecce ha emesso la sentenza sul caso del Twiga Beach Club, struttura mai inaugurata e al centro di un’inchiesta su presunti illeciti nella sua realizzazione a Cerra, località balneare di Otranto. L’ingegnere Pierpaolo Cariddi, progettista e direttore dei lavori, e Raffaele De Santis, legale rappresentante della società proprietaria Cerra Srl, sono stati assolti con formula piena dall’accusa di “arbitraria occupazione di demanio marittimo” perché il fatto non sussiste. Per quanto riguarda il reato di “falso ideologico” contestato, oltre che a Cariddi e De Santis, anche ad Emanuele Maggiulli, responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Otranto, è stato dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione. L’accusa di abuso d’ufficio, invece, è venuta meno per effetto delle modifiche legislative che hanno eliminato tale reato dal codice penale. Per effetto della sentenza, la Corte ha disposto la revoca della confisca di quel che resta dei manufatti che erano stati realizzati e la loro restituzione alla società Cerra Srl. La decisione è stata presa dal collegio presieduto da Domenico Toni, con a latere Antonio Martalò e Silvia Minerva. A difendere gli imputati, gli avvocati Gianluca D’Oria per Cariddi, Roberto Sisto e Adriano Tolomeo per De Santis, e Antonio Quinto per Maggiulli. La sentenza di appello ribalta il quadro emerso nel settembre 2022, quando il Tribunale di Lecce aveva condannato tutti e tre gli imputati. In quella sede, il giudice Pietro Baffa aveva inflitto 3 anni e 9 mesi a Cariddi, 4 anni a Maggiulli, 3 anni e 3 mesi a De Santis. La vicenda era iniziata nel 2017 con il sequestro del Twiga Beach Club, progetto che aveva inizialmente coinvolto il marchio di Flavio Briatore, poi ritiratosi a seguito dell’inchiesta penale. Tra le accuse originarie vi erano abusivismo edilizio in area vincolata, occupazione del demanio marittimo, deturpamento di bellezze naturali, abuso d’ufficio in concorso e falso ideologico. Già in primo grado, alcune di queste erano cadute per prescrizione .Dopo sette anni di iter processuale, la sentenza d’appello sembra mettere un punto fermo su uno dei casi più discussi nella cronaca giudiziaria salentina.

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