LECCE – Dopo averlo denunciato nel 2019, cagionandone l’arresto e poi il divieto di avvicinamento, aveva deciso di dare al suo compagno una seconda chance che si è tradotta, però, nel prolungamento dell’agonia. Nelle scorse ore lui, 40enne del Barese ma residente nel basso Salento insieme alla fidanzata, è stato condannato a tre anni e mezzo di reclusione per lesioni aggravate, per averla minacciata di morte, picchiata in più occasioni, insultata e perseguita in preda ad una gelosia morbosa.
La donna, che si è costituita parte civile con gli avvocati Paolo Cantelmo e Rocco Rizzello, ha ricostruito sette anni di vessazioni costanti, subite prima di trovare la forza di denunciare. Quotidiani gli insulti che avrebbe incassato con il chiaro intento di denigrarla: “ho visto cani più intelligenti di te, più attivi di te,” le avrebbe ripetuto“ per me non sei cristiana”, “ non servi a niente”, “ non sai stare con la gente”, “ io mi drogo, sono alcolizzato ma so stare con la gente”, “tu puoi solo fare l’autostop”, “sei una morta di fame, una spazzatura, una pidocchiosa, miserabile”. Insulti spesso conditi con botte.
L’ultimo episodio risale a gennaio di quest’anno: dopo averla già picchiata nel pomeriggio, sarebbe rientrato in casa ubriaco, le avrebbe scagliato oggetti addosso per poi prenderla a schiaffi e pugni, trascinandola in auto per continuare a pestarla e strappandole il cellulare dalle mani perché non chiamasse il 112, fino a quando la donna non è riuscita a scendere dall’auto e scappare via.
Al margine del processo davanti al giudice monocratico Fabrizio Malagnino, l’uomo – assistito dall’avvocato Vito Lisi – è stato anche condannato al risarcimento danni da stabilirsi in separata sede.