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“Ha tentato di violentarmi”, ma le chat la smentiscono: condannata per calunnia

LECCE – Dopo aver trascinato in tribunale un uomo, un affermato imprenditore del Gallipolino di 68 anni, accusandolo di molestie sessuali, è stata lei – 57 anni abruzzese – a ritrovarsi al banco degli imputati, accusata di calunnia, avendo leso l’onore di quell’uomo contro cui aveva puntato il dito. Nelle scorse ore la giudice Maria Bianca Todaro ha condannata la donna ad un anno e 4 mesi di reclusione (pena sospesa) e 10mila euro di risarcimento danni.

A ribaltare le sorti di questa vicenda, dai contorni grotteschi, sono state le chat intercorse tra i due: analizzando queste ultime, i rapporti intimi sotto accusa sono risultati inequivocabilmente consenzienti. Di più: la 57enne ad un certo punto per quei rapporti concordati avrebbe preteso un pagamento. Ed è al diniego dell’uomo, incredulo a fronte della richiesta improvvisa, che lei avrebbe optato per il piano B: raggiungere la caserma dei carabinieri e denunciare le presunte molestie e forzature da parte del frequentante.

L’uomo, finito a processo per violenza sessuale, è stato difeso dall’avvocato Riccardo Giannuzzi ed è stato prosciolto da ogni accusa grazie alla perizia sui cellulari richiesta dal suo legale difensore e affidata all’ingegnera Luigina Quarta.

Al margine degli accertamenti il pubblico ministero Luigi Mastroniani ha richiesto l’archiviazione, accolta dal Gip. E a quel punto l’uomo ha scelto di contro denunciare la donna per calunnia, considerata la grave accusa mossa nei suoi confronti, distorcendo del tutto – ha riferito ai carabinieri – una realtà ben diversa.

Stando al racconto dell’imprenditore, avallato dalle chat finite agli atti, la frequentante – conosciuta online – avrebbe sin dai primi incontri accettato di intrattenere rapporti fisici senza implicazioni sentimentali, prendendo accordi su luoghi e orari in modo scherzoso, complice e disinvolto, inoltrando anche sue foto provocatorie per stare al gioco.

Al margine di una serata, però, la 57enne avrebbe improvvisamente preteso 100 euro per il rapporto appena consumato. L’uomo, turbato dalla richiesta, in quell’occasione le avrebbe dato il denaro. Nell’incontro successivo, però, avrebbe messo le cose in chiaro prima di qualunque contatto fisico. Ed è a quel punto che la donna, sottraendogli il cellulare, avrebbe raggiunto i carabinieri per avanzare l’accusa di molestie, ricostruite per giunta con dovizia di particolari. Accuse risultate frutto di una vendetta e confluite, appunto, in una condanna in primo grado.

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