LECCE – Il direttore dell’area tecnica del Lecce, Pantaleo Corvino, ospite di Piazza Giallorossa, ha parlato a 360° del suo Lecce. Apparso sereno, ha sorriso, ha scherzato e ha ancora una volta parlato del grande lavoro fatto col cuore da parte di questa società e della sua area tecnica per amore del Salento e per dare soddisfazioni ai tifosi. Ha iniziato, però, rispondendo alla domanda su Sartu Minzippa, il tormentone nato quando, spiegando l’operazione Rebic, evidenziò che bisogna avere le conoscenze giuste e non essere un Sartu Minzippa:
“Ricordandomi di mio nonno e mio padre che mi dicevano: ‘me pari nnu sartu minzippa, cce te la faci cu lu sartu minzippa? Sta dienti comu allu sartu minzippa?’ (mi sembri un Sartu Minzippa, esci con Sartu Minzippa? Stai diventando come al Sartu Minzippa?). E capivo cosa volevano dire. In parole povere, era la persona che si elevava meno degli altri, dunque era quello che valeva di meno. C’erano le botteghe dove i ragazzi lavoravano, e Sartu Minzippa era quello che non faceva nulla, ma prendeva le budella del vitellino e dell’agnello e faceva i turcinieddri. Questo era un lavoro meno nobile. Quindi volevo far capire questo. Ed era anche un gioco, praticamente si saltava sulla schiena degli amici”.
Passione e amore per i colori giallorossi e per questo territorio uniscono ogni socio e ogni lavoratore impegnato nella società di Via Col. Costadura:
“Siamo tutti figli di questo territorio e lavoriamo per questo territorio, che tanto si riconosce in questa squadra. C’è un fattore emotivo e una chimica diversi da tutte le altre realtà calcistiche. Qui ci sono un milione di persone che freme per quello che fa la squadra e, devo dire la verità, certe volte, con Saverio (Sticchi Damiani, n.d.r.) e con tutti gli altri soci, ci sentiamo in difficoltà pensando che non possiamo soddisfare la passione dei nostri tifosi, che è talmente grande. Noi siamo già ambiziosi e non ci piace perdere, ma pensare di dare delle delusioni al popolo giallorosso è la cosa che più ci fa riflettere e stare male, quando capita di deluderli. Devo essere sincero, in questi 3 anni abbiamo goduto tutti e speriamo di poter continuare”.
Poi svela un retroscena e fuga ogni dubbio sulla scelta del modulo e dell’allenatore, decidendo di farlo in anteprima a Piazza Giallorossa:

“Luca (Gotti, n.d.r.) è l’unico anno in cui non voglio scegliere l’allenatore per quelle che sono le mie preferenze nel fare le squadre, anche se quel modulo che piace a me mi ha portato dalla terza categoria alla Champions League. Ho detto: ‘Luca, dimmi tu come vuoi giocare. Vuoi fare il 3-5-2, il 4-3-3, il 4-2-3-1? Io trovo i giocatori per il modulo con cui tu vuoi giocare’. Lui mi ha detto: ‘Voglio fare il 4-2-3-1’. Allora ho costruito la squadra per quel modulo. Quindi, è l’unico anno che se ci salviamo, ci salviamo grazie al modulo dell’allenatore, e se retrocedo, dico che sono retrocesso perché ho cambiato”.
Infine, uno sguardo al prossimo impegno con il Torino, che al momento con 7 punti è al primo posto insieme a Inter, Juve e Udinese. Sarà una gara dura contro una squadra che negli ultimi anni si è consolidato con investimenti importanti ed ha grandi ambizioni:
“È una partita alla quale dobbiamo arrivare molto determinati, perché questa è la qualità che ci ha contraddistinto negli ultimi anni. Dobbiamo sempre avere uno spirito battagliero e combattivo, e questo deve continuare a essere il nostro marchio di fabbrica, come lo è stato negli ultimi tre anni. Dobbiamo sbagliare poche partite e non dobbiamo mai sbagliarle dal punto di vista mentale. Dunque, andiamo a Torino determinati, ma consapevoli di affrontare un avversario forte, pur sapendo che anche noi – non siamo scappati di casa -.