ROMA – Era il 25 giugno del 2020 quando Giuseppino Mero, Omar e Pierpaolo Marchello sono stati condannati all’ergastolo per aver pianificato e messo in atto l’agguato che nel ’99 costò la vita al 21enne Gabriele Manca, ritrovato cadavere nelle campagne della sua Lizzanello. Adesso, però, la Cassazione mette in discussione quella sentenza, accogliendo l’appello dei rispettivi difensori dei tre imputati e rimettendo la decisione nelle mani di una nuova Corte d’Assise d’Appello, questa volta a Taranto.
Colpito alle spalle da più proiettili, Gabriele – secondo le indagini del Ros di Lecce – avrebbe pagato il prezzo di essere un “cane sciolto”, un ragazzo che le regole del presunto clan che lo avrebbe assoldato proprio non riusciva a rispettarle, minando una gerarchia ben consolidata e dedita allo spaccio nell’hinterland di Lizzanello.
Per quell’omicidio nel 2019 era già stato condannato in abbreviato a 30 anni Carmine Mazzotta, 47enne leccese ritenuto l’autore materiale, ossia colui che avrebbe premuto il grilletto. Anche in quel caso la Cassazione annullò la condanna e in Appello non si è ancora celebrata la prima udienza.
Un lungo processo quello nato dall’agguato mortale del 21enne, in cui la Procura si avvalsa anche delle dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia. Le motivazioni della Cassazione saranno depositate entro 90 giorni. Certo è che i ricorsi dei legali sono stati accolti.
L’avvocato Germana Greco, che difende Pierpaolo Marchello, ha messo in discussione l’utilizzabilità di una lettera anononima in cui si puntava il dito contro il suo assistito. L’unico elemento – spiega – che lo ha tirato in ballo nella vicenda, dacché nessun collaboratore ha mai menzionato il suo nome.
I difensori di Omar Marchello, gli avvocati Fulvio Pedone e Giancarlo Dei Lazzaretti, hanno contestato l’asimmetria del contradditorio. Tradotto: ci sono prove addotte dalla difesa tanto cruciali quanto snobbate in sede processuale. Questa l’eccezione addotta.
La difesa di Giuseppino Mero, in mano all’avvocato Umberto Leo, ha contestato infine l’insussistenza del movente contestato all’imputato, la premeditazione e l’attendibilità di alcuni collaboratori che, tra l’altro, hanno reso dichiarazioni oltre il tempo massimo previsto dalla Legge.
Il processo dunque ripartirà dall’Appello: tutto passa nelle mani di una nuova corte. A distanza di 24 anni sull’assassinio di Gabriele Manca, intanto, ancora nessuna certezza.
E.F.
