Cultura

Rimborsi spese: tipologie e come si gestiscono

Quando un lavoratore dipendente si trova nella situazione di svolgere i propri compiti presso una sede diversa da quella ordinaria, ovvero in trasferta, è necessario predisporre un rimborso delle spese.

Si tratta di una misura che permette di convenire al collaboratore la somma di denaro che si è trovato ad anticipare. L’erogazione avviene all’interno della busta paga.

Uno degli aspetti attualmente di maggior interesse è il rimborso chilometrico 2023, da considerare nel momento in cui la persona utilizza un mezzo di proprietà per spostarsi.

Non è l’unica soluzione che può rientrare nel rimborso spese. Vediamo nel dettaglio quali sono le soluzioni al momento disponibili e come predisporne la gestione.

Rimborso spese: cosa si intende per trasferta

Per provvedere al rimborso spese è indispensabile capire quando si può parlare di trasferta. Con tale termine si intende il tragitto che la persona compie per recarsi presso una sede di lavoro differente da quella abituale. Non viene contemplato, almeno di prassi, il tragitto casa-lavoro.

Il primo passo per essere certi se è opportuno attivare la pratica di rimborso spese è quindi quello di definire qual è la sede di lavoro abituale per il lavoratore, qualcosa che per alcuni professionisti può risultare tutt’altro che semplice.

È questo il caso, ad esempio, di collaboratori e categorie che prevedono per loro stessa natura l’abitudine a conseguire degli spostamenti. La sede abituale può essere quella della società oppure il domicilio fiscale del lavoratore.

C’è un altro elemento che contraddistingue la trasferta ed è il fatto che si tratta di una misura temporanea.

La legge stabilisce, infatti, che non può risultare qualcosa di definitivo: in presenza di una simile eventualità si rivela più opportuno parlare di trasferimento, il quale si traduce nella totale assenza di rimborso.

Per quali trasferte spetta il rimborso

Come abbiamo accennato all’inizio, la trasferta può avvenire all’interno del territorio comunale o fuori dai suoi confini. Nel primo caso il rimborso è oggetto di tassazione in busta paga, in quanto contribuisce direttamente al reddito del dipendente.

Per le trasferte extracomunali, invece, è sempre prevista la tassazione in busta paga, ma varia a seconda del tipo di rimborso prescelto e al tipo di spesa.

Le spese per cui il lavoratore ha diritto al rimborso sono quelle inerenti alloggio, vitto, telefonia e connessione a internet, trasporto.

All’interno di quest’ultima categoria vanno considerati diversi aspetti, come ad esempio il rimborso chilometrico. Esso spetta ai dipendenti che si avvalgono di mezzi privati.

In alternativa, per il trasporto è possibile predisporre il noleggio di una vettura e/o soluzioni quali metro, tram, aereo, autobus. Da tenere presente anche la restituzione dei costi sostenuti per i pedaggi autostradali e i ticket dei parcheggi.

I 3 sistemi che si possono adottare per il rimborso spese

Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) contempla per i datori di lavoro tre sistemi di rimborso spese, vediamole insieme:

  • Rimborso spese forfettario. La soluzione più semplice e snella. È previsto il versamento di una somma forfettaria al collaboratore per il singolo giorno di trasferta. Non comporta la conservazione di documenti e permette una gestione pratica e rapida della pratica.
  • Rimborso spese analitico. In questo caso vengono rimborsate unicamente le spese sostenute in occasione della trasferta. Per il dipendente ciò si traduce nel fatto di dover inviare puntualmente la documentazione necessaria.
  • Sistema misto. Un’opzione a metà tra le precedenti. Al lavoratore viene concessa un’indennità a forfait per alcune spese, mentre altre vengono restituite solo una volta fornita la documentazione necessaria. In questo caso le regole da seguire sono meno “rigide” e si rivela perciò ancora più importante stipulare un accordo chiaro tra le parti.

Una precisazione. I tre sistemi per il rimborso sono da utilizzare in maniera unilaterale, ovvero l’uno esclude l’altro. La scelta va fatta in maniera chiara e mirata caso per caso.

Come funziona il rimborso spese per i lavoratori da remoto

In seguito all’avvento della pandemia diverse persone si trovano a lavorare in smart working. Una soluzione che non ha smesso di essere attuale e che viene adoperata da diverse aziende.

Come funziona il rimborso spese per quei lavoratori che operano da remoto? L’Agenzia delle Entrate ha fatto chiarezza a proposito in più occasioni, stabilendo che si possono utilizzare il sistema forfettario o in alternativa quello analitico.

Nel primo caso non è richiesto il supporto di elementi oggettivi a livello documentale: la cosa è possibile in assenza di una normativa che specifichi la quota esente da imposizione fiscale.

I rimborsi con sistema analitico sono più dettagliati. Stabiliscono infatti ogni tipologia di spesa, la quota di costi che ha risparmiato il datore di lavoro e quella sostenuta dal dipendente.

Per quanto riguarda le imprese, il rimborso spese per i lavoratori in smart working presenta una deducibilità che risulta normativizzata all’interno dell’articolo n.° 95 del TUIR. Questo sempre secondo quanto confermato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta interpello n.°371.

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