Cronaca

Omicidio Nestola, la difesa insiste: “Aportone è innocente”. Il Pm invoca l’ergastolo

LECCE – Per le sue conclamate patologie fisiche, per l’assenza di prove che certifichino il passaggio da un mezzo di trasporto all’altro e per l’assenza di tracce genetiche sul fucile incriminato, la difesa insiste: Michele Aportone non può aver ucciso Silvano Nestola, amante di sua figlia Elisabetta.

Il processo per far luce sull’assassisio del carabiniere di Copertino – freddato a colpi di fucile davanti al figlioletto la sera del 3 maggio di due anni fa – torna nell’aula bunker del Carcere di Lecce. A presiedere la Corte è il giudice Pietro Baffa. In aula, anche questa volta, è presente l’unico imputato, assistito dall’avvocato Francesca Conte. Il Pubblico Ministero Alberto Santacatterina per il presunto killer invoca la massima pena: l’ergastolo.

In apertura, incaricato dalla difesa di stilare una perizia medica sull’imputato, prende la parola il dottor Giovanni Covella. Il fulcro è chiaro: Aportone, 71enne oggi su sedia a rotelle, per le sue certificate patologie fisiche – sostiene il consulente di parte – non sarebbe stato mai in grado di movimentare carichi, neanche leggeri. Tradotto: la ricostruzione dell’omicidio e dei movimenti del presunto assassino sarebbe incompatibile con la forma fisica dell’imputato.

La consulenza, sempre di parte, del dottor Antonio Politi, informatico, prova a rincarare la dose, rimarcando dati già noti: nei filmati di videosorveglianza che hanno ripreso il tragitto che si presume abbia compiuto Aportone prima e dopo l’assassinio, non c’è nessun dato oggettivo che lo inquadri alla guida dei due mezzi che avrebbe utilizzato, un furgoncino prima e un motorino poi. La cella telefonica di Aportone – aggiunge – per tutto il tempo dell’omicidio è agganciata all’area camper di sua proprietà. Il ché, però, non esclude che l’uomo abbia lasciato il telefonino, evitando di portarlo appresso durante l’azione criminosa.

Subito dopo è la volta del generale Luciano Garofano, già comandante del Ris di Parma e generista forense. A lui la difesa ha richiesto una consulenza incentrata sui reperti e i prelievi effettuati. “Stando agli stessi verbali stilati dagli inquirenti – ha detto – non risulta adottata alcuna precauzione per evitare la contaminazione delle prove”, in particolare per ciò che riguarda i residui di polvere da sparo sui fucili sequestrati all’imputato. “Dal punto di vista genetico-biologico – ha poi sottolineato – non vi è alcuna traccia che certifichi la responsabilità di Michele Aportone”.

A portarlo al banco degli imputati, lo ricordiamo, furono le intercettazioni ambientali, le indagini e il movente ricostruito dai carabinieri del Nucleo Investigativo  del Comando Provinciale di Lecce: Aportone e la moglie non avrebbero mai digerito la relazione tra la figlia Elisabetta e il povero Silvano Nestola, provando ad ostacolarla più volte, come pure è stato ricostruito dai militari.

Per tutto questo la Procura, al culmine dell’udienza,  ha invocato la condanna del carcere a vita.

E.FIO

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