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Aborto, un diritto solo su carta: in Puglia record di obiettori di coscienza

PUGLIA – È un’amara conferma quella che arriva da numeri ufficiali sui ginecologi obiettori di coscienza che operano nelle Asl di tutta la Puglia.

Su 340 camici bianchi ospedalieri, 280 si rifiutano di praticare l’aborto: un diritto su carta che, nei fatti, si trasforma in una caccia al medico disposto a garantirlo. Medici che rappresentano soltanto il 18% di quelli in corsia. E non va meglio nelle strutture private accreditate della regione, dove su 42 ginecologi, 37 sono obiettori.

Questi dati riferiti al 2021 e provenienti dal Dipartimento della Salute regionale confermano quelli diramati quest’estate dal Ministero della Salute: per numero di medici contrari all’interruzione volontaria di gravidanza, la Puglia è risultata la quinta regione d’Italia, con dati riferiti al 2020.

Tornando ai dati aggiornati, è sufficiente analizzare i singoli dati provinciali per rendersi conto di quanto il percorso di aborto – che fino a prova contraria può essere legittimamente intrapreso – si trasformi in una corsa ad ostacoli.

Nel 2021 nelle strutture pubbliche della Asl di Taranto su 41 medici ginecologi, 38 risultano obiettori di coscienza: il 92,7% si rifiuta, dunque, di effettuare aborti. Nelle strutture private l’unico ginecolo presente è obiettore. Qui il diritto a rinunciare volontariamente ad una gravidanza è un percorso più che in salita.

Nel Brindisino nelle strutture sanitarie pubbliche su 24 ginecologi a disposizione, 18 sono obiettori. Tradotto: il 75%. Nel privato su 4 ginecologi disponibili, 2 sono obiettori. Non a caso nello stesso anno il 71,7% delle donne intenzionate ad abortire lo hanno fatto in cliniche private, solo il 28,3% lo ha fatto in ospedale.

Nei nosocomi della provincia di Lecce su 52 ginecologi, 41 sono obiettori: il 78,8%. Nel privato i cinque ginecologi presenti sono tutti contrari all’aborto.

Numeri chiari che, al di là di qualunque parere personale, restituiscono un dato inequivocabile: l’aborto, legalizzato nel 1978, fa i conti ancora oggi con una clausola a quella stessa Legge che conta 44 anni e che stabilisce che i medici possono rifiutarsi di praticarlo sulla base di motivi religiosi, morali o personali. In cosa si traduca questo ad oggi lo dicono i numeri.

ERICA FIORE

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