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Terremoto concessioni, balneari “storditi”: “Stop investimenti per due anni”

LECCE- Due anni di tempo per resettare tutto, riformare il settore e procedere con le gare pubbliche per riassegnare le concessioni demaniali – che non sono solo quelle balneari – senza dare corsie preferenziali agli attuali gestori che, al massimo, dovranno essere ristorati per eventuali investimenti fatti fino al 2033, termine di proroga prima concesso per legge e ora annullato per sentenza. All’indomani della pronuncia storica con cui il Consiglio di Stato, in adunanza plenaria e partendo dal caso Lecce, ha sconvolto il settore dei balneari, anche nel Salento le preoccupazioni degli imprenditori si fanno crescenti e il primo effetto, inevitabile, è lo stop agli investimenti per i prossimi due anni.

Il caos è totale perché ora il cerino torna nelle mani del governo, che per 15 anni ha scelto di non legiferare in merito e che ora, nell’arco di due anni, è costretto non solo a procedere con la riforma che deve allinearsi ai principi europei sulla concorrenza, ma anche a dare il tempo di procedere con le gare. E questo tenendo presente che tutti i rinnovi decadono al 31 dicembre 2023 e che il massimo organo della giustizia amministrativa non concede spiragli neppure per una proroga legislativa.

Siamo storditi e perplessi dopo questa sentenza che si sostituisce al potere politico e si è estesa ben oltre le competenze del Cds – dice Sandro Portaccio, presidente Sib Confcommercio Lecce e titolare di un lido a Gallipoli -. Ci aspettavamo un rinvio della questione alla Corte Costituzionale o alla Corte di Giustizia Europea e nel frattempo i sindacati stavano trattando su eventuali scivolamenti delle proroghe al di sotto del termine del 2033, ma non ci è stato dato il tempo. Ora ci aspettiamo che la politica assuma decisioni”.

Non ho dormito stanotte – è il commento di Alfredo Prete, titolare del lido York di San Cataldo, gestito dalla sua famiglia per tre generazioni -. Dobbiamo fare autocritica – aggiunge – perché se siamo giunti a questo punto è anche per colpa delle organizzazioni sindacali che hanno forzato la mano sapendo che non potevamo arrivare al 2033”. A suo avviso, la sentenza contiene comunque un passaggio importante: agli imprenditori che decadranno va riconosciuto un indennizzo per gli investimenti effettuati. Ma anche questo pone interrogativi: “Chi potrà permettersi di pagare gli indennizzi ai concessionari uscenti e canoni più onerosi? Il rischio – aggiunge Prete – è che, piuttosto che favorire i giovani, si possa spianare la strada a grandi multinazionali e alla malavita organizzata, che già ricicla, com’è noto, nell’economia turistica”.

Stesso timore di Mauro Della Valle, a capo della Federazione imprese demaniali Salento e gestore di un lido a Lecce: “Cercheremo di far comprendere al legislatore la peculiarità italiana e cioè che il settore è storicamente gestito da imprese spesso a conduzione familiare, che vanno tutelate contro chi vuole accaparrarsi le nostre coste. Questo ‘colpo di stato’ non passerà inosservato”.

Il salto nel buio è temuto da tutti. “Siamo spiazzati – commenta Giovanni Pirelli, dal 2009 titolare di due stabilimenti a Leuca -. Non conosciamo i criteri su cui si dovranno basare le aste e dunque il futuro delle nostre aziende. Intanto, al di là di una regolare manutenzione non potremo fare altro, impossibili nuovi investimenti con queste incertezze”.

t.c.

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