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Tap ora punta anche sull’idrogeno. Manifesti noTap sul “disastro ambientale”

MELENDUGNO- 5 miliardi di metri cubi di gas giunti in Europa dall’Azerbajan in nove mesi per il tramite del gasdotto Tap: la multinazionale diffonde il dato ed esulta per quello che ritiene un “importante traguardo” che consolida “il ruolo di TAP come un operatore affidabile nel panorama energetico europeo”. La società annuncia, per il tramite del manager Luca Schieppati, di voler puntare sull’idrogeno, argomento clou in Puglia, perseguendo “nuove opportunità di trasporto di fonti energetiche carbon neutral, come l’idrogeno”, appunto, “riducendo le emissioni, in linea con gli obiettivi di transizione energetica dell’Unione Europea”.

Marija Savova, responsabile commerciale di TAP, ricorda che “è in corso un market test e che in futuro TAP può espandersi gradualmente, fino a raddoppiare la sua capacità di trasporto”, passando da 10 a 20 miliardi di metri cubi all’anno fino all’impianto di Melendugno.

Intanto, la battaglia dei noTap non si ferma: gli attivisti hanno tappezzato le bacheche di diversi comuni del Salento per informare che vi è un processo in corso a carico della società Tap per disastro ambientale. La nuova udienza è fissata per questo venerdì 17 settembre e sarà trasmessa anche in diretta sul canale YouTube del movimento noTap.

Sono due i procedimenti che vedono imputati la società Tap, i suoi dirigenti e quelli di Snam. A processo anche amministratori delle ditte appaltatrici.
Secondo l’accusa, i lavori di preparazione, di costruzione del terminal di ricezione (Prt), del micro-tunnel e di posa dei tubi sarebbero avvenuti in assenza di permessi validi. L’autorizzazione di impatto ambientale rilasciata nel 2014 e l’autorizzazione unica del 2015 non sarebbero valide in quanto non terrebbero conto degli impatti cumulativi del progetto. La Procura ritiene non siano valide nemmeno le autorizzazioni di varianti in corso d’opera concesse dal ministero dello Sviluppo economico e relative all’espianto degli ulivi nella stessa località Le Paesane. Altri illeciti comprendono l’assenza di impermeabilizzazione dei cantieri identificati come “s1” e “s2” e area conci del cantiere di San Basilio e lo scarico di acque reflue industriali, che avrebbero portato alla contaminazione della falda acquifera con sostanze pericolose, tra le quali il cromo esavalente.
In questo stesso mese – ricordano gli attivisti – saranno due anche i processi a loro carico per le proteste durante le fasi di cantiere. A loro dire, un modo “per marginalizzare e criminalizzare” la popolazione che si è schierata contro l’opera.

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