MIGGIANO La sua più grande battaglia l’ha affrontata contro un nemico invisibile: l’uranio impoverito che ha segnato la sua vita in modo irreversibile. Il colonnello Carlo Calcagni, contaminato in Bosnia-Erzegovina, è da anni il simbolo della resilienza, della forza di volontà che combatte e vince, di un uomo che affronta le cicatrici che il destino ha riservato al suo corpo, e lo fa riuscendo a fortificare e preservare la sua anima. Una vittoria, la sua, portata a casa grazie agli affetti più cari e alla grande passione per lo sport, che pure ha continuato a coltivare. La sua biografia è diventata un libro, che ha presentato personalmente giovedì sera a Miggiano. A fare gli onori di casa il sindaco Michele Sperti. Al suo fianco, per sottolineare il grande esempio di vita del Colonnello, i senatori Giorgio Costa e Daniela Donno e i consiglieri regionali Paolo Pagliaro e Antonio Gabellone.
Originario di Guagnano,nel 1996, il Capitano era di stanza a Saraievo per pianificare ed effettuare tutte le missioni di volo necessarie. Ed è proprio in volo sulle zone di guerra che si è imbattuto in quello che sarebbe diventato il suo nemico numero uno. Le polveri generate dai proiettili con l’uranio impoverito hanno “invaso” e si sono “impossessate” del suo corpo, distruggendo ogni organo vitale.
«Le vittime dell’uranio rientrano con le proprie gambe dalle aree di conflitto -ha raccontato- per poi soffrire in solitudine, mentre i commilitoni che saltano sulle bombe rimpatriano come eroi di guerra. A noi nessuno aveva mai detto che durante le missioni si potevano contrarre malattie mortali. Lo Stato però era a conoscenza del pericolo reale derivante fin dal 1978».
“Pedalando su un filo d’acciaio” è la sua biografia ed è un inno alla vita. Dove la passione per la bicicletta diventa quella per il triciclo e gli ostacoli, tanti e costanti, diventano occasioni. Un solo grande rammarico, però, resta: quello di uno Stato assente, che prima plaude al sacrificio e poi, al momento del bisogno, volta le spalle.