Cronaca

Droga, estorsioni e armi da guerra: 17 arresti a Taranto. Latitante il boss Cesario

TARANTO-  Parlava al plurale, usava il “noi” per indicare se stesso, e si vantava di essere uno dei pochi rimasti ai vertici della malavita tarantina. E’ sfuggito alla cattura e al momento è latitante il boss Cosimo Cesario, detto Giappone, 61 anni, in passato anche ristretto al 416 bis e da qualche anno in libertà: la Dda ha stretto il cerchio attorno al gruppo da lui capeggiato, sgominato all’alba con l’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Sergio Tosi. In carcere sono finite 17 persone. Due, come detto anche Cesario, sono ancora ricercate. Assieme ad altri otto indagati, tra cui anche una donna, tutti tarantini, sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravata dall’avere la disponibilità di armi, anche da guerra, come una mitraglietta SKORPION. Tra le accuse anche quelle di estorsione aggravata dal metodo mafioso, ricettazione, furto e minaccia.

Dalla base operativa nel quartiere Paolo Sesto, la consorteria criminale avrebbe controllato le piazze dello spaccio anche in altre parti di Taranto, come ai Tamburi e nella Città Vecchia.

Dalle indagini, avviate nel 2017 dopo l’attentato a un centro estetico, è emerso che Cesario avrebbe assunto il comando di tutto il traffico di droga, con compiti di decisione e di pianificazione, di gestione dei contatti con i fornitori e di supervisione delle operazioni volte a reperire il denaro necessario per l’approvvigionamento di ingenti quantitativi di cocaina, eroina ed hashish. Altri suoi uomini di fiducia, mettendo anche a disposizione i loro mezzi di trasporto, si occupavano del ritiro della droga dagli abituali fornitori e della successiva e capillare distribuzione nei quartieri della città. Un altro indagato, invece, si occupava di procacciare nuova clientela e di provvedere allo spaccio al dettaglio.

Un giro di affari di centinaia di migliaia di euro. Pedinamenti e intercettazioni hanno completato il quadro. “Giappone” sapeva di avere gli occhi delle forze dell’ordine addosso e non a caso assumeva tutte le precauzioni necessarie per rendersi invisibile, dalla maniacale attenzione nelle conversazioni attraverso i telefoni cellulari fino alla sostituzione, con inusuale frequenza, delle vetture in uso.

Al suo fianco, stando all’impianto accusatorio, c’era un’altra figura di rilievo del panorama criminale tarantino: Patrizio Pignatelli, 51 anni, con precedenti penali per omicidio e associazione di stampo mafioso. Dopo 16 anni dietro le sbarre, avrebbe commesso tentate estorsioni anche in qualità di addetto al trasporto di ambulanze private, oltre a minacce aggravate da metodo mafioso: in una intercettazione, rivolgendosi al socio con cui avrebbe dovuto avviare un’attività commerciale che aveva subito ritardi, diceva senza mezzi termini: “Io ti faccio assaporare il sangue dall’asfalto![…]Forse non hai capito…io come ti sto finendo a te, con quella pistola stessa me ne vado a finire altri 3 o 4! Non me ne fotte più un cazzo….mi vado a chiudere in galera…te lo sto dicendo!”.

t.c.

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