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Colacem, così i consulenti del Tar demoliscono l’ok della Provincia

GALATINA- La consulenza tecnica prodotta dagli esperti nominati dal Tar di Lecce demolisce, almeno in parte ma su questione cruciali, l’atto con il quale la Provincia di Lecce ha rinnovato l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) al cementificio Colacem di Galatina. Il presidente del Tar, Antonio Pasca, ha affidato la consulenza ai tecnici Mauro Sanna, Nazzareno Santilli e Lucia Bisceglia, per provare a porre un punto fermo su due questioni: stabilire l’idoneità delle misure prescritte dalla Provincia a garanzia della tutela ambientale e della salute dei cittadini e, inoltre, per stabilire l’osservanza o meno da parte della società delle prescrizioni imposte.

Le carenze sono state riscontrate. In particolare, nell’Autorizzazione rilasciata dalla Provincia non è prevista “alcuna limitazione né alcun particolare vincolo per l’impiego di pet coke“, che è un residuo solido prodotto della raffinazione del petrolio, e dunque non sono previsti “adempimenti e specifici monitoraggi finalizzati alla tutela dell’ambiente e della salute umana” per quanto riguarda il suo impiego. Nell’Aia, infatti, “non esiste alcun specifico vincolo – scrivono i consulenti – per l’utilizzo del pet-coke in alternativa al carbone fossile, essi sono di fatto considerati equivalenti. Non vi è alcuna prescrizione che tenga conto che essi hanno caratteristiche chimiche differenti” e che alcune sostanze sono presenti nel pet coke in quantità superiori anche di dieci volte rispetto al carbone. Dunque, bisognerebbe definire in maniera “univoca” quantità e qualità del pet coke che può essere impiegato per garantire a monte la qualità delle emissioni e degli scarichi.

Tra i vari punti affrontati nelle 133 pagine di perizia, ci sono anche le considerazioni sui limiti alle emissioni e sulle modalità di monitoraggio. Per i consulenti, la Provincia avrebbe tralasciato una questione cruciale, cioè che, oltre al carbone, nel forno dell’impianto di Galatina ci finisce anche dell’altro: “nel prescrivere i monitoraggi da adottare per le emissioni – è scritto nel documento- non si è tenuto conto che nella cementeria viene realizzato un trattamento termico di rifiuti”. Non è un dettaglio, perché cambia la normativa da applicare, che dovrebbe diventare a maglie più strette. Le differenze sono riassunte in una tabella molto chiara: applicando la normativa correttamente, i limiti alle emissioni di Ossidi di zolfo dovrebbe essere pari a 50, mentre quelli previsti nell’autorizzazione sono il quadruplo, 200; i limiti di Carbonio organico totale, poi, dovrebbero essere pari a 10 mentre la soglia concessa è otto volte tanto, 80. Tra l’altro, sulle polveri totali (lo stesso Carbonio, l’acido cloridrico e l’acido fluoridrico), la Provincia ha prescritto il monitoraggio in discontinuo e non, invece, in continuo, come avrebbe dovuto.

Dopo il deposito della consulenza, l’udienza di merito al Tar è stata rinviata due volte ed è fissata per ottobre. Nel frattempo Colacem, pur rimarcando di non condividerne gli esiti e volendo riorganizzare le attività di deposito di materiali e del carbone, a fine marzo, ha avanzato proposta di riesame con valenza di rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale. I comitati hanno diffidato la Provincia a procedere in tal senso se prima non viene definito il giudizio in tribunale.

 

 

t.c.

 

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