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Coronavirus, parla il parabitano rientrato dalla Cina: “In isolamento già lì, qui isteria”

PARABITA- All’isolamento si era già sottoposto in Cina, due settimane chiuso in casa a cui si si è aggiunta tutta la filiera dei controlli durante il rientro. Anche per questo Cosimo Resta, il 35enne di Parabita rientrato dal Paese asiatico nelle scorse ore, non ci sta ad essere considerato un “untore”. E precisa: “Se ho scelto di restare chiuso in casa per 15 giorni anche qui, lo faccio solo per tutelare la mia famiglia da un’isteria collettiva”. Perché, come ha specificato anche il direttore generale della Asl Rodolfo Rollo, “nessuno impedisce di uscire” a chi, come Cosimo, è rientrato da zone diverse da Wuhan, epicentro della diffusione del Coronavirus, senza sintomi.

“Eppure – spiega il giovane a Telerama – è scattata la paura in paese. Sono stato tacciato di non essere stato cauto, rimanendo in Cina; sono state diffuse dicerie per cui gli altri bambini non avrebbero giocato con i miei nipoti e che mia madre avrebbe fatto bene a non uscire perché altrimenti avrebbe infettato qualcun altro. Sono cose che fanno male. Io resto in auto-quarantena solo per tutelare la mia famiglia, ma non è giusto. Io ho fatto tutto quello che dovevo fare e volevo solo un po’ più di chiarezza e tatto per quanto stava succedendo”.

Cosimo Resta, mente brillante, dopo il titolo conseguito presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce, si è formato a Londra al King’s College con un master in Arts and Cultural Management, ha girato il mondo e nell’ultimo periodo era in Cina a insegnare public speaking in una università privata, a Xi’an, gioiello Unesco noto per i suoi guerrieri di terracotta. “Città da 10 milioni di abitanti, in cui sono stati riscontrati solo 70 casi”, precisa il 35enne.

Dista da Wuhan circa 800 chilometri: “A dicembre – spiega Cosimo – abbiamo iniziato a sapere che a Wuhan stava accadendo qualcosa ma per un mese nulla è stato chiaro, fino al discorso del presidente della Cina il 24 dicembre. Da allora tutto il Paese si è bloccato. Anche nella mia città sono scattate le misure cautelari dal 25 gennaio. Dunque, da allora al 7 febbraio, giorno in cui ho preso l’aereo, sono rimasto chiuso in casa. Venivano a portarmi da mangiare e bere, grazie alle prenotazioni tramite app, e non sono praticamente quasi mai uscito dalla mia stanza se non per prendere il cibo e sempre indossando mascherine,occhiali e quant’altro e lavando le mani sempre perché sempre eravamo soggetti a controlli”.

Quando Cosimo è riuscito a prendere l’aereo, con scalo a Londra in quanto c’è il blocco dei voli diretti per l’Italia, gli hanno controllato più volte documenti e temperatura corporea. “A Londra mi hanno pregato di togliere la mascherina e non hanno fatto controlli – spiega – ed è successo lo stesso con altri colleghi che hanno fatto scalo a Lisbona, a Madrid, dove sono tranquillamente a casa”.

Anche all’aeroporto di Brindisi gli hanno controllato la temperatura e lì ad attenderlo ha trovato i suoi genitori, “ai quali dalla Asl è stato consigliato di indossare la mascherina, farmi tornare a casa con un’altra auto e farmi stare isolato per 15 giorni in un appartamento vuoto”. Ecco perché Cosimo ora sta trascorrendo questo ulteriore periodo da solo a Matino, nell’abitazione di uno zio che vive fuori. “Nessuna istituzione – continua – mi ha contattato prima, pur sapendo che io stavo tornando, né mi ha chiesto se mi fossi sottoposto a precauzioni già in Cina. Si è semplicemente seguita la prassi consigliata. Ho chiesto di andare in ospedale per farmi sottoporre ad accertamenti e stare lì, ma il medico di famiglia mi ha risposto che non è possibile, anche perché non ho sintomi e questo significa che il virus potrebbe eventualmente essere in incubazione e non possono vederlo e dunque non possono fare controlli prima”.

Il medico di famiglia lo chiama tutti i giorni per chiedergli se ha febbre. “Con questa psicosi – chiosa Cosimo – io ho il terrore persino di beccarmi un raffreddore”.

 

Tiziana Colluto

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