TARANTO- Non è e non può essere un dolore privato quello delle famiglie di Taranto. Perché di mamme che piangono un lutto ce ne sono fin troppe. Genitori, non semplicemente ambientalisti: ci sono loro in prima linea a chiedere al sindaco Rinaldo Melucci l’adozione di un provvedimento urgente per fermare gli impianti inquinanti del centro siderurgico ex Ilva, oggi Arcelor Mittal.
Lo hanno ribadito ancora una volta durante il sit in organizzato in mattinata nel piazzale antistante la casa comunale. C’erano LiberiAmo Taranto, Genitori tarantini, Comitato donne e futuro. Non mancano i dati: da ultimo, ci sono quelli allarmanti riportati da Arpa, che certificano il superamento dei limiti di legge per le emissioni del camino E312 ex ILVA. C’è, freschissimo, lo studio Aress che dimostra come, anche dimezzando la produzione rispetto a quella autorizzata, il rischio per la salute resta non accettabile per il quartiere Tamburi.
Le associazioni chiedono al sindaco, inoltre, a distanza di un anno, risposte alla petizione “Chiudiamola qua” sottoscritta da oltre 4.000 cittadini. Quella raccolta firme, il prossimo 30 ottobre, dovrebbe essere discussa in Consiglio comunale su iniziativa del consigliere Vincenzo Fornaro, nell’ambito della seduta dedicata al “question time”.
Durante il sit-in, è stata anche resa nota l’apertura di un nuovo procedimento da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo nei confronti dello Stato italiano sempre per questioni inerenti la mancata adozione delle misure necessarie alla tutela della salute dei cittadini di Taranto. L’Italia ha già subito una condanna ma stavolta i cittadini chiederanno alla Cedu una cosiddetta sentenza pilota e cioè che sia la stessa Corte ad indicare all’Italia le misure generali per eliminare le violazioni.