LECCE – Approvata la manovra di riequilibrio pluriennale in aula, il sindaco di Lecce Carlo Salvemini si è dimesso. Dunque il ritorno alle urne potrebbe essere fissato per il 26 maggio prossimo.
Il primo cittadino batte d’anticipo il Centrodestra che aveva preparato le 17 firme per sfiduciarlo, fissando un appuntamento con il notaio per il primo pomeriggio.
Durante il consiglio comunale di oggi, quello decisivo per il futuro dell’amministrazione, il sindaco aveva ripercorso le varie tappe del suo mandato, sottolineando di non rimpiangere e non provare vergogna per nulla, men che meno per il patto di scopo siglato con i tre consiglieri di Prima Lecce.
Mentre l’opposizione trova la quadra ed è pronta a sfiduciarlo, al margine dell’approvazione della manovra anti – dissesto (con 15 voti favorevoli e 16 astenuti) Salvemini decide di staccare la spina alla sua esperienza con la fascia tricolore, prima che sia l’opposizione a farlo. Da questo momento ha 20 giorni di tempo per validare la sua scelta e i giochi potrebbero essere ancora aperti.
Il mattinata il via vai dall’aula, a consiglio iniziato, restituiva già il quadro della situazione. Mentre la tensione tra i banchi riservati agli assessori si tagliava con mano, l’opposizione entrava ed usciva con frenesia dalla stanza, il tutto mentre era in corso la discussione sul punto focale all’ordine del giorno.
A più voci il centrodestra ha ribadito di non voler benedire le scelte fatte in solitaria dal primo cittadino. Da Monticelli a Messuti a Giordano, Tondo e Perrone il pensiero era univoco: non porteremo di certo Lecce al dissesto -hanno detto- ma ci asteniamo dal sostenere scelte arbitrarie di chi si è rifiutato, a priori, di dar voce anche a questi banchi. Dal forzista Mazzotta era arrivata poi la conferma della linea dimissionaria dei 17 che da qui a qualche ora sarebbero passati ai fatti tramite la sottoscrizione di un atto notarile.
Non avrebbe firmato, a differenza di quanto si era vociferato invece, il consigliere di Andare Oltre Massimo Fragola che, pur prendendo la parola dai banchi della maggioranza, non le ha mandate a dire, confermando l’insofferenza già dimostrata in altre occasioni. ” Hai tenuto per te la delega al bilancio, sindaco, questa manovra l’hai voluta fortemente tu -ha incalzato- hai agito da solo, non hai coinvolto né i tuoi né l’opposizione. La verità è che hai alzato i tappeti, fatto uscire la polvere ma non hai saputo ripulirla”.
L’ala della maggioranza, dal canto suo, aveva fatto appello al senso di responsabilità. Sono stati Rotundo, Spagnolo, Giannotta, Patti, Murri e Molendini a rilanciare. “Avreste potuto bocciare il piano ma non lo fate, perché siete in un vicolo cieco senza prospettive -ha incalzato Rotundo – mai una proposta, solo dinieghi”.
Poi arriva il momento decisivo, in aula, che tanto decisivo in realtà non sembra. Il sindaco prende la parola ma non per dimettersi. “Da questo momento si traccia una linea e valuterò il da farsi” dice, salvo poi convocare poco dopo una conferenza stampa per annunciare le dimissioni.