SALENTO- Avrebbe potuto – prima – riesaminare la valutazione di impatto ambientale rilasciata nel 2017. Può ancora – adesso – revocare in autotutela le autorizzazioni alle ricerche di petrolio al largo di Leuca e nel Golfo di Taranto, incassate dalla società americana Global Med. Se volesse intervenire, il governo avrebbe ancora gli strumenti per farlo. Non ha dubbi su questo il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, che contrattacca al ministro Luigi Di Maio, titolare del dicastero che a dicembre ha dato il via libera alle tre procedure.
Il sottosegretario al Mise Crippa ha annunciato, ad ogni modo, un emendamento per bloccare tutti i 40 permessi pendenti in Italia e da inserire nel decreto semplificazioni. Se neanche questo avverrà, la strada sarà una sola: quella del Tribunale. E sarà una strada perdente per la Puglia, come lo è stato finora, visto che tutti i ricorsi sono stati bocciati dal Tar per un principio chiaro: le scelte effettuate dalle amministrazioni statali coinvolte (MATTM e MISE – Ministero per lo Sviluppo economico) sono sottratte al sindacato giurisdizionale, in quanto, secondo i giudici amministrativi, sono frutto dell’esercizio di discrezionalità tecnica, amministrativa ed istituzionale spettante in via esclusiva ai Ministeri competenti.
La Regione, in ogni caso, presenterà ricorso, come già fatto in passato per i pareri del Ministero dell’Ambiente, sollevando alcune censure: “omessa valutazione della effettiva dimensione dell’area interessata dalle operazioni di ricerca o prospezione, (in)competenza dei membri della Commissione preposta al rilascio dei pareri, effetti (negativi) per l’ambiente derivanti dall’uso della tecnica dell’air-gun”.
Ma c’è anche la battaglia politica: per Di Maio e per il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, una volta intervenuta la VIA favorevole, l’autorizzazione è stata un “atto dovuto” che il dirigente non avrebbe potuto negare, a meno di non compiere un reato. Lo rimarcano anche gli otto consiglieri regionali pentastellati, che bacchettano a muso duro Emiliano accusandolo di “buttarla in caciara ben sapendo che le più grandi beffe ambientali per questo territorio, dalle autorizzazioni per le trivellazioni così come TAP, sono state firmate dal governo del suo partito, il Partito Democratico”.
Per il governatore pugliese, però, “i ministri, trincerandosi dietro una assurda e inesistente ipotesi di reato, hanno volutamente omesso di considerare che, in sede di autotutela, l’amministrazione statale avrebbe potuto disporre il riesame della VIA già rilasciata, sulla base di evidenze scientifiche di segno contrario, peraltro avvalendosi delle competenze e professionalità della rinnovata Commissione VIA”. La precedente, che aveva dato il suo ok nel 2017, infatti, è stata azzerata dallo stesso Costa. “Ora – rincara la dose Emiliano – non solo hanno una nuova Commissione, ma hanno anche il tempo per esercitare l’autotutela. Invece, in modo ipocrita e strumentale, si limitano ad auspicare il blocco delle autorizzazioni da parte dell’autorità giurisdizionale”. Che, almeno stando alla giurisprudenza consolidata, non lo farà.