LECCE- Non ci sarà dissesto per ora per il Comune di Lecce, che però resta un sorvegliato speciale della Corte dei Conti. L’organo di controllo, con deliberazione notificata ieri a Palazzo Carafa, lo ha stabilito dopo l’audizione del 5 luglio scorso del sindaco Carlo Salvemini a Bari. Il sindaco, in risposta alle accuse del suo predecessore di “tifare per il dissesto”, fa sapere che quel risultato sarebbe il frutto dell’essersi assunto “fino in fondo la responsabilità di sindaco chiamato a tutelare gli interessi della propria città dal rischio del dissesto”.
I giudici contabili hanno rimarcato che il conto consuntivo 2015 si presenta comunque debole, con tempi medi di pagamento elevati, continuo ricorso alle anticipazioni di cassa per spesa corrente e non solo per disallineamento tra entrate e uscite; bassa capacità di riscossione dall’evasione tributaria e da sanzioni amministrative derivanti dal Codice della strada, l’omesso recupero dell’imposta di soggiorno; presenza di debiti fuori bilancio e di pignoramenti. Sono violati così due parametri di deficitarietà strutturale.
“L’amato cavallo di battaglia di Carlo Salvemini – dice l’ex sindaco Paolo Perrone – si è perso tra le righe della pronuncia della Corte dei Conti. Avevamo ragione noi, insomma, a non temere scenari da apocalisse. L’elemento più interessante che emerge da questa pronuncia e sul quale il sindaco mischia le carte, però, è che la Corte analizza l’andamento dei conti anche dopo il 2015 e rileva che la gestione finanziaria del Comune di Lecce, numeri alla mano, è peggiorata nell’ultimo anno. Un dato su tutti – spiega ancora – quello dell’anticipazione di tesoreria e quindi dell’esposizione debitoria dell’ente, che la Corte dei Conti rileva come dai 9 milioni e 78 mila euro del 31 dicembre 2016 sia arrivata addirittura a 31 milioni e 300 mila a giugno 2018”.