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40 anni dal rapimento di Moro, Signorile: “Morte decisa non da Br ma da Guerra fredda”

LECCE- “Le Br hanno determinato all’inizio il rapimento, lo hanno gestito nella fase del processo e nella fase finale hanno perso la capacità di decidere. La decisione della morte di Moro è avvenuta altrove, non all’interno delle Br, che sono state solo gli esecutori materiali”. Ne è convinto Claudio Signorile, politico di lungo corso, più volte ministro, nel 1978 da due anni vicesegretario nazionale del Psi e uno dei protagonisti attivi nella vicenda Moro, gestendo in prima persona gli sforzi del suo partito per la liberazione del presidente della Dc, originario di Maglie.

A quarant’anni dall’agguato di via Fani, Signorile non ha dubbi: “non riusciremo mai a capire cosa è successo se consideriamo la vicenda Moro come fatto di cronaca nera, perché invece è un momento di grande rilevanza politica. Era in corso la seconda Guerra fredda e la morte di Moro ne è stata la conseguenza. La sua uccisione è stata la conseguenza di una grande tensione tra i due blocchi”.

Ecco perché a suo avviso non poteva non esserci, per quanto con posizioni contrastanti tra loro, un “ruolo cruciale dei servizi segreti americani, inglesi, tedeschi, francesi e in maniera defilata anche del Mossad, in quanto guardiani di Yalta, per la non modifica degli equilibri politici”.

D’altronde, in quella fase l’Italia era terra di frontiera di un mondo diviso in due: il Pci, il più grande partito comunista dell’Occidente, stava accettando l’Alleanza atlantica come ombrello protettivo e questo significava molto per gli equilibri mondiale. La vicenda Moro si inserisce in questo quadro: sì, il 16 marzo 1978, le Br lo rapirono, per sottoporlo a un processo contrapposto rispetto a quello in corso a Torino contro Curcio e gli altri capi brigatisti. Poi, però, dopo il tentativo di depistaggio legato al Lago della Duchessa, la decisione è passata sicuramente ad altri.

In quei 55 giorni, il ruolo di Signorile fu attivo nel cercare riferimenti e lanciare messaggi dentro l’area dell’autonomia e di Potere operaio: “fu un’iniziativa congiunta – racconta a Telerama – mia, di Livio Zanetti, allora direttore de L’Espresso, e di Mario Scialoia, giornalista specializzato nei rapporti con quell’ambiente. La storia delle Br, d’altronde, dimostrava contiguità con l’area dell’autonomia e di Potere operaio, sia universitaria che sindacale, e lì si poteva andare a cercare e trovare riferimenti per capire cosa stesse accadendo e lanciare messaggi opportuni. Più che una trattativa, a cui non si arrivò mai, fu un’iniziativa, che determinò cambiamenti dentro la colonna romana e un atteggiamento meno rigido dentro la Dc, più attenta alle ragioni che il Psi portava avanti nella scelta umanitaria e del tentativo fino all’ultimo di salvare la vita a Moro”.

L’attivismo del Psi si contrappose alla linea della fermezza di Dc e Pc: “la posizione della Dc fu difensiva – spiega Signorile – e quella del Pci di rifiuto di identificarsi con i valori del brigatismo, rischio che correva. La posizione di fermezza è stata la conseguenza della mancanza di strategia, ma soprattutto, ancora peggio, del desiderio di immobilismo. La fermezza è stata l’ideologia del non fare nulla”.

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