Cronaca

Prevenzione rischio suicidario: protocollo d’intesa tra ASL e Casa Circondariale

LECCE- Persone fragili esattamente come le altre, anzi di più. Sono i detenuti che attendono il giudizio o scontano la pena e hanno un loro vissuto, fuori e dentro un carcere, che si portano dietro e, talvolta, può diventare troppo pesante da sopportare. Con conseguenze anche drammatiche che le direzioni della ASL Lecce e della Casa Circondariale di Lecce intendono prevenire, individuare e gestire.
Le modalità operative per affrontare “Il rischio suicidario nella popolazione carceraria” sono state fissate in un Protocollo d’intesa siglato al direttore generale Silvana Melli e dal direttore della Casa Circondariale Rita Russo, assieme al direttore del Dipartimento di Salute Mentale della Asl Lecce Serafino De Giorgi. «Stiamo lavorando – ha detto il direttore generale Silvana Melli – in ogni direzione e a sostegno di tutte le fragilità, con l’obiettivo di costruire una Sanità che non lasci nessun bisogno senza risposta e sia in grado di farlo con le professionalità adeguate e gli strumenti migliori di cui ASL Lecce dispone».

«Il protocollo elaborato a cura dell’équipe di psichiatri del Dipartimento di Salute Mentale, -ha commentato il direttore della Casa Circondariale – stabilisce regole e prassi per la gestione appropriata delle persone detenute che sono a rischio suicidario». La rete assistenziale specialistica psichiatrica si compone di un’équipe dedicata alle attività di consulenza a favore di tutti i detenuti, che verrà a breve integrata con l’apertura della Sezione Intramuraria per la Tutela della Salute Mentale, dotata di 20 posti letto e con assistenza garantita sull’intero arco delle 24 ore.

Il percorso appena tracciato affronterà la dimensione suicidaria in tutta la sua complessità, proprio per la natura stessa di un evento che può essere determinato da diverse cause e fattori: biologici, psicologici, sociali e culturali. Una “costellazione di variabili”, compreso il disturbo psichico, che possono combinarsi nel tempo e avere effetti devastanti che, invece, vanno ridotti e neutralizzati. Il suicidio, secondo i dati dell’OMS, è un fenomeno che riguarda ogni anno un milione di persone nel mondo e ha una marcata incidenza tra i detenuti.

Tra di essi, infatti, circa il 50 per cento ha un disturbo della personalità, il 10 un disturbo psichiatrico importante, il 30 soffre di disturbo da abuso di sostanze. Sarà perciò fondamentale la formazione del personale, così come i nuovi strumenti a disposizione, a cominciare da uno screening diagnostico riguardante sia i cosiddetti “nuovi giunti” sia, retrospettivamente, la popolazione carceraria già presente e formata da detenuti in attesa di giudizio e condannati.

Quanto sia delicato questo terreno, lo certificano le cifre dell’Istituto Superiore di Studi penitenziari, da cui emerge che il tasso dei tentativi di suicidio, rispetto alla popolazione generale, è più alto di 6 volte nei detenuti condannati e di 7,5 in quelli in attesa di giudizio.

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