SQUINZANO- L’unico ad essere condannato è l’ex sindaco di Squinzano, Gianni Marra, ritenuto colpevole del reato di abuso d’ufficio ma non di quello di falso. Assolti, invece, gli altri cinque imputati: è l’esito del processo stralcio nato dall’operazione “Vortice deja vu”, la maxi inchiesta condotta dai carabinieri del Ros e del Nucleo investigativo sui presunti intrecci tra mafia e politica nel comune del nord Salento, nel novembre 2014. Tassello fondamentale fu l’assegnazione di un alloggio popolare al boss Antonio Pellegrino. Ed è per quello che paga Marra, condannato a quattro mesi di reclusione, pena sospesa, e interdetto dai pubblici uffici per la durata della pena. Per lui il pm Guglielmo Cataldi aveva chiesto la condanna a un anno e quattro mesi. Un incubo che ha fine, invece, per gli altri imputati: accusati di corruzione erano l’ex presidente del Consiglio comunale Fernanda Metrangolo, il figlio Carlo Marulli, l’imprenditore Gabriele Lino Lagalla; rispondevano di falso e abuso d’ufficio, invece, il boss Pellegrino e l’ex comandante della polizia municipale Roberto Schipa, che ora si toglie più di un sassolino dalla scarpa.
L’accusa aveva chiesto la condanna per tutti. Scelta diversa, invece, quella del gup Michele Toriello: Schipa, Metrangolo, Marulli e Lagalla assolti perché il fatto non sussiste; Pellegrino per non averlo commesso. Resta, invece, l’abuso d’ufficio che, per il giudice per l’udienza preliminare, Marra – giudicato in abbreviato assieme a Schipa – avrebbe commesso, nell’adottare un decreto con il quale, pur “in assenza di tutti i requisiti e condizioni legali”, venne disposta la requisizione di un alloggio ex Iacp per assegnarlo al boss.