Cronaca

Coste chiuse, “ordinanze senza validità scientifica”

Ordinanze troppo generiche e poco fondate. Stavolta la critica arriva dall’ente Parco Otranto- Leuca, che riunisce i Comuni del litorale più colpito dai divieti imposti dalla Capitaneria di porto di Gallipoli. “Siamo sconcertati, perché sono misure con una radicalità che non ha base scientifica. Ci sono situazioni di pericolo puntiformi, ma non lineari, lunghe chilometri. È l’idea del righello quella che colpisce”. Le parole, dirette, sono di Francesco Minonne, nel comitato esecutivo dell’ente parco. E sono destinate ad accompagnare la settimana che sta per aprirsi, giorni che richiedono bisturi burocratici e buon senso.

Tra lunedì e martedì, infatti, presso la Capitaneria si recheranno i sindaci di Andrano prima e Tricase poi, per ridiscutere, carte alla mano, le interdizioni imposte. Dopo la riunione dei primi cittadini, convocata nelle scorse ore nel municipio andranese, la linea da seguire è tracciata: si cercherà innanzitutto di ottenere la “liberazione” dei tratti di costa classificati nel Piano di assetto idrogeologico come Pg2, la gran parte. Su questi, tra l’altro, insistono anche lidi e chioschi che non più tardi di qualche mese fa hanno ottenuto i pareri favorevoli dell’Autorità di Bacino.

Per i punti, invece, in cui i crolli ci sono stati davvero, rubricati come Pg3, ciò che si chiederà è che vengano effettuate, in tempi brevissimi, valutazioni tecniche precise, tramite sopralluoghi di Autorità di Bacino e Capitaneria, per capire nel concreto e non in astratto quali siano i rischi per l’incolumità delle persone. “E questo perché – hanno sottolineato i sindaci – lo studio fatto dal Pai era in realtà finalizzato ad altro, alla conservazione ed eventuale implementazione di nuove attività, non invece a calcolare il pericolo per la balneazione”.

È lotta contro il tempo, insomma. E a rammagliare il fronte comune ci prova anche il Parco Otranto – Leuca. “E’ stata fatta di tutta l’erba un fascio – rincara la dose il presidente del Parco, Nicola Panico -. Il divieto sulla costa bassa non poggia su alcun canovaccio scientifico peché è classificata dal Pai come pg2 e dunque non ha criticità”.

“Per noi è un problema di approccio alla questione – continua Minonne -. Non può essere che laddove c’è un pericolo potenziale naturale si impongano vincoli. Si dovrebbero chiudere le Alpi, allora. Mi sembra molto dubbia la validità scientifica dei provvedimenti su tratti così ampi di costa. Non solo, non si capisce perché in altre parti con caratteristiche simili non si abbiano tratti interdetti. È il caso di Santa Cesarea o di Castro”.

In campo anche la politica. Sergio Blasi, consigliere regionale del Pd, ci va giù duro: “le ordinanze di divieto servono solo a mettere in pace l’anima dei pubblici ufficiali in caso di incidenti. E le grandi opere di contrasto all’erosione sarebbero solo rimedi temporanei utili a spostare il problema qualche anno più in là. O qualche mese.

La Regione Puglia dovrebbe preoccuparsi di potenziare le capacità di monitoraggio continuo dell’Autorità di bacino e allo stesso tempo condividere con i Comuni piani di fruizione delle coste che siano ecocompatibili e rivedibili anno dopo anno (perché la situazione è in continuo mutamento). Così come si sta procedendo si rischia invece di affidarsi alla costruzione di opere inutili e invasive o di fidarsi più delle carte che della realtà imponendo divieti anche dove i rischi non ci sono, o di lavarsene le mani, lasciando solo il turista, o il cittadino, di fronte al rischio delle sue passeggiate su scogli pericolanti”.

 

 

 

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