Cronaca

Acquatina, eppur si muove: l’Università convoca le istituzioni

FRIGOLE-  “In queste ore ho sentito l’Università del Salento, che sull’Acquatina di Frigole sta convocando un tavolo interistituzionale allargato a Regione Puglia e Comune di Lecce. Siamo solo in attesa che venga decisa la data”.  Lo annuncia Loredana Capone, assessore regionale allo Sviluppo Economico, dopo l’apertura arrivata anche da Palazzo Carafa, dichiaratosi pronto a fare la sua parte e a presentare la piattaforma di idee elaborata negli ultimi mesi a quattro mani tra gli assessorati alle Opere pubbliche e all’Innovazione tecnologica. 

Il confronto tra i soggetti che potrebbero davvero imprimere la svolta all’enorme centro di acquacoltura, che sta collassando su se stesso, quel dialogo è la premessa indispensabile per provare a strappare all’abbandono la struttura, che consta di un bacino artificiale di 45 ettari, vasche in terra e in cemento, griglie con aperture automatiche, laboratori, centro ricerche, tutto risultato di un fiume di soldi pubblici che partono da lontano, dal 1994 e arrivano fino ad oggi.

“Questo è il momento di rilanciare una opportunità che la crisi ha fatto sfumare – chiosa la Capone – . I privati, pure coinvolti nell’accordo di programma stabilito nel 2007 tra Università e Regione, non hanno più investito. Oggi si tratta di ricoinvolgerli, tenendo conto di dover dotare la struttura anche di servizi accessori come la guardiania. E se c’è concreta prospettiva di azione nella produzione e vendita collegata alla ricerca, le attività si trovano”.

Si è in attesa del passo concreto successivo, dunque. Una data e un confronto vero, serrato, da riaprire, perché quell’immenso patrimonio sul mare non resti una cattedrale nel deserto e un grande spreco di denaro pubblico. Al momento, sono in corso le gare d’appalto, per complessivi ulteriori 800mila euro di fondi Pon, per la costruzione anche dell’avannotteria, l’ultimo anello strutturale che mancava per poter attivare concretamente l’allevamento dei pesci. Ma senza un partenariato con il privato, senza il risvolto economico che faccia da supporto o da sbocco alla ricerca scientifica, sarà di nuovo un buco nell’acqua. Di questo, almeno, si deve prendere consapevolezza.

 

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