TARANTO – Hanno risposto così, incrociando le braccia e fermando mezza fabbrica, gli operai dell’Ilva di Taranto, davanti alle mancate risposte della proprietà sul futuro dell’azienda. Sciopero ad oltranza per quelle porte chiuse in faccia ai lavoratori.
Per i lucchetti che da giorni serrano i varchi delle portinerie.
Tutti fuori per l’incertezza sugli stipendi a febbraio e per quel silenzio, da parte del management aziendale che per qualcuno significa spettro di chiusura o disimpegno imminente.
Lo sciopero ad oltranza indetto ieri dalla FIM CISL, prosegue. L’acciaieria 1 è ferma dall’una della scorsa notte, ferma anche l’acciaieria 2 così come l’altoforno 5, mentre l’altoforno 4 è stato fermato per 48 ore.
Si tratta tutti di impianti dell’area a caldo per i quali vige ancora il sequestro giudiziario. Al contrario dell’area a freddo ferma da settimane, gli impianti dell’area a caldo hanno sinora hanno ‘marciato’ regolarmente.
Ecco allora centinaia di tute blu in presidio davanti al varco C. Altri davanti all’ingresso del MOF. Mentre l’ingresso della Direzione resta blindato dai lucchetti.
“Andiamo avanti – dice Cosimo Panarelli, Segretario FIM CISL Taranto – perché non ci sono le condizioni per sospendere la protesta”.
Il 22 il Presidente Ferrante sarà in città. Il giorno dopo sarà la volta di Clini e del Commissario attuatore dell’AIA.
Ma da Milano, quartier generale dei Riva, le indiscrezioni che arrivano non sono buone. Tra gli scenari anche quello di una spaventosa ondata di cassa in grado di paralizzare la fabbrica.
Lo stabilimento è allo sbando e questo trasforma lo stato di incertezza dei lavoratori in paura vera e propria: paura di perdere il posto di lavoro.