TARANTO – Torna la cassa integrazione all’Ilva di Taranto. Ad annunciare l’avvio delle procedure è stato lo stesso siderurgico in un incontro con i sindacati metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm.
Gli ammortizzatori sociali sono stati richiesti, a partire dal 19 novembre, per 2.000 lavoratori per la durata di 13 settimane.
Gli impianti interessati sono il tubificio longitudinale 1 e 2, rivestimenti, treno lamiere, treno nastri 1, officine centrali di manutenzione, servizi e parte del laminatoio a freddo.
La richiesta dell’Ilva sarebbe da mettere in relazione alla crisi del mercato dell’acciaio “registrata dal primo trimestre del’anno – dichiara l’azienda – e finora fronteggiata con il ricorso alle ferie e la ricollocazione degli esuberi in altre aree dello stabilimento”.
Non è noto, al momento, se questa fermata sia anche collegabile ai possibili sviluppi giudiziari e all’eventuale stop anticipato dell’altoforno 5, chiesta dai Custodi giudiziari nell’arco di 1-2 mesi.
Durissima la reazione dei sindacati alla richiesta avanzata dall’azienda in sede di confronto.
Chiusura totale alla trattativa ha dichiarato subito la Fiom. Il sindacato si è dichiarato “indisponibile a trattare l’argomento ‘cassa’ in assenza di un vero tavolo negoziale sulle prospettive e sul piano di risanamento del sito. Il tempo è scaduto. Riva e Ferrante – conclude il sindacato di Stefanelli – dichiarino i propri impegni”.
Porte chiuse alla nuova ondata di ‘cassa’ anche dalla Fim Cisl che individua invece come priorità l’immediata ambientalizzazione della fabbrica.
“Non siamo per nulla d’accordo a discutere di cassa integrazione in questo particolare momento della storia dell’Ilva”, dice il Segretario provinciale Mimmo Panarelli. “Non c’è discussione che tenga poiché l’Ilva, ancora oggi, non ha reso nota la propria volontà circa il piano di investimento per la messa a norma degli impianti. Ogni iniziativa di ricorso agli ammortizzatori sociali potrà essere discussa solo dopo che l’azienda avrà chiarito la sua posizione rispetto all’Aia e – conclude – dopo aver chiarito le questioni ambientali”
Le ripercussioni occupazionali, tanto temute in fabbrica, cominciano a materializzarsi. I rapporti tra azienda e sindacati si incrinano. E la tensione nello stabilimento torna altissima.
