TARANTO – “Sarah è stata strangolata con un’arma compatibile con una cintura, larga circa 2 centimetri e mezzo, che le ha lasciato un solco sul collo. La morte della ragazzina è sopraggiunta in due – 3 minuti, per asfissia“.
Lo ha detto il medico legale Luigi Strada – che ha effettuato l’autopsia sul corpo della 15enne – nel corso della 19esima udienza del processo per l’omicidio di Sarah Scazzi, uccisa ad Avetrana il 26 agosto del 2010.
Durante il processo sono state mostrate numerose fotografie di possibili armi del delitto, tra cui corde e cinture ritrovate in casa Misseri. Non solo. Michele, nel video proiettato in aula in cui il contadino di Avetrana simula lo strangolamento alla presenza del professor Strada, non riesce ad indicare con precisione le modalità del delitto.
Quindi sull’ultimo pasto di Sarah prima della morte, Strada ha ritenuto compatibile la completa digestione del cordon bleu con i tempi del delitto.
Per questo motivo nel suo stomaco non è stata rinvenuta traccia di cibo. Infine, sulla presunta violenza sulla 15enne, Strada non ha potuto pronunciarsi dal momento che – ha riferito rispondendo alle domande dei Pm – “La permanenza in acqua per oltre 40 giorni del corpo della ragazzina ha modificato la sua morfologia ed è stato impossibile rilevare se c’è stata violenza sessuale”. Cauto, sul video delle simulazione di Strada, il legale di Sabrina: “Fuorviante per come è avvenuta – sostiene – la ricostruzione del delitto”.
Poi è stata la volta della testimonianza di Valentina Misseri sorella di Sabrina, detenuta insieme alla madre Cosima Serrano per l’omicidio della15enne. Valentina ha ripetuto più volte di essere convinta che ad uccidere Sarah sia stato il padre Michele, il quale avrebbe accusato la figlia perchè indotto a farlo.
La più grande delle sorelle Misseri ha riferito poi che Sabrina non è mai stata gelosa di Sarah e ha smentito il litigio tra cugine la sera prima del delitto. Si torna in aula il 10 luglio. Il 17 invece, è stato convocato come testimone anche il fioraio di Avetrana, Giovanni Buccoliero.
di Barbara Scardigno