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Tasse locali, Lecce la città meno cara di Puglia. Eppure è un salasso

SALENTO – Lecce è la città in cui si pagano meno tasse in Puglia, seguita da Brindisi. A Taranto, invece, si supera la media nazionale di 2.066 euro. Eppure, è per tutti un salasso: le famiglie leccesi sborsano in media 1.902 euro di tasse e imposte locali, quelle brindisine 1976; quelle tarantine invece 2.237 per far fronte al pagamento di addizionali Irpef (comunale e regionale), Imu/Tasi e Tari (la tassa sui rifiuti).

È quanto emerge da uno studio del Servizio Politiche territoriali della Uil sul gettito fiscale medio pro-capite di una famiglia-tipo composta da 4 persone con reddito complessivo di 44 mila euro, reddito Isee di circa 17mila euro, una casa di proprietà più un secondo immobile.

Praticamente, su tutte le voci analizzate all’interno dello studio Uil c’è un risparmio di imposta per i leccesi, ad eccezione dell’incidenza dell’Irpef comunale che raggiunge i 308 euro medi contro i 224 euro della media italiana (+37,5%). Differenze significative, a livello regionale, emergono poi sulla Tari (tassa rifiuti), per la quale a Lecce si arriva ad un esborso medio di 269 euro, dato di gran lunga inferiore rispetto a quello delle altre città capoluogo: 341 euro a Taranto, 344 euro a Foggia, 388 euro a Brindisi e 362 euro a Bari.

Ancora più accentuata è poi la differenza che si riscontra rispetto al costo di Imu/Tasi, con Bari che svetta a 1.016 euro medi annui, quasi il doppio rispetto ai 541 euro di Brindisi. A Lecce, la famiglia-tipo ha versato in media 630 euro, a Foggia 881 euro e a Taranto 969 euro. Infine, per l’addizione regionale Irpef, mediamente l’esborso è stato di 695 euro.

«Tirando le somme – dice il segretario Uil Lecce Salvatore Giannetto – questi dati fanno capire che, nonostante il calo della pressione fiscale locale registratosi negli ultimi anni anche grazie al blocco delle aliquote, la via da percorrere per un fisco meno gravoso e più equo è ancora lunga e non priva di ostacoli». Prima ancora di parlare di reintroduzione di tasse sulle prime case, sostiene ancora il segretario Uil, «sarebbe quindi opportuno partire dalla revisione dei criteri che regolano i valori catastali, che non significa maggiori prelievi, ma una diversa e più equa ripartizione del prelievo sugli immobili».

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