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Burgesi, Regione diffida Monteco e scrive in Procura: “impedisce analisi sulla falda”

UGENTO – Il Dipartimento regionale Mobilità, Qualità urbana, Opere Pubbliche e Paesaggio il 20 novembre scorso ha scritto a tutti, enti, azienda e anche alla Procura di Lecce, per comunicare la diffida nei confronti di Monteco sulla discarica Burgesi di Ugento.

Il nodo principale riguarda “l’impossibilità di procedere ai campionamenti in modalità statica delle acque sotterranee a causa delle opposizioni del gestore”, come comunicato da Arpa alla Regione il 16 novembre scorso. Eppure, quelle analisi sono ritenute indispensabili soprattutto per controllare l’eventuale presenza del cancerogeno Pcb e di altri inquinanti nella falda, dopo le rivelazioni dell’imprenditore Gianluigi Rosafio che si è autoaccusato di aver sotterrato dentro la ex discarica 600 fusti di materiale tossico. Com’è noto, l’inchiesta è stata archiviata dal gip su richiesta della Procura di Lecce, per cui il reato si era prescritto ed era già stato accertato, ma la verifica sulla presenza di quei fusti dentro Burgesi non è mai stata fatta e il cerino degli accertamenti e delle bonifiche è passato nelle mani degli enti.

Il punto di partenza dell’allarme è chiaro: il Pcb c’è nel percolato, il liquido prodotto dai rifiuti, come documentato dal Cnr, e questo potrebbe essere la spia di quello che c’è sotto. Al momento la falda non è contaminata, ma per monitorarla, appunto, serve fare le analisi. E Arpa ha in sostanza denunciato ostruzionismo su questo fronte.

Il 13 novembre, poi, l’Agenzia per la protezione ambiente ha anche trasmesso alla Regione il suo rapporto conclusivo sulle attività di ispezione ambientale straordinaria svolte tra agosto e ottobre. Rilevate diverse criticità e “non conformità” alle prescrizioni contenute nell’Aia del 4 maggio 2016.

Una infrazione, per Bari, tanto da giungere a formalizzare la diffida, intimando al “rigoroso rispetto” di quanto previsto. Entro 30 giorni, dunque, si intima a Monteco di definire le pratiche per rimettere in esercizio l’impianto di produzione di energia da biogas, fermo dal 31 maggio 2016; entro lo stesso termine, di realizzare il pozzetto che separi le acque di prima pioggia da quelle di seconda pioggia; poi, di svuotare “immediatamente” la vasca di raccolta delle acque di prima pioggia e successivamente provvedere a farlo entro 48 ore da ogni evento atmosferico. Entro 15 giorni, Monteco dovrà chiarire i motivi per cui dall’ispezione sono emerse diverse “non conformità” e indicare come risolvere le criticità. Si prescrive, inoltre, “da subito”, “l’estrazione e l’invio a smaltimento del percolato almeno ogni due giorni”. E ad Arpa di effettuare un nuovo sopralluogo per verificare l’efficacia delle misure adottate.

Nel suo rapporto finale, Arpa ha rilevato la non conformità su diversi fronti: il gestore non comunica almeno 30 giorni prima agli enti le date degli autocontrolli e non trasmette i certificati di analisi con la stessa frequenza prevista nei monitoraggi; non è stato messo in esercizio l’impianto a biogas fermo dal 31 maggio 2016; non è stato realizzato il pozzetto per distinguere le acque piovane. Le criticità riguardano, poi, il fatto che porzioni dei piazzali interessati dalla movimentazione dei rifiuti siano non impermeabilizzati; il lato sud dell’impianto non ha protezioni idonee contro la caduta dall’alto in una cava sottostante; nell’area ci sono attrezzature in stato di degrado e abbandono; non viene effettuato il rilievo del livello di falda previsto con frequenza semestrale.

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