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Abitazioni, una Jaguar, bar: sequestro da 3 milioni a un membro della banda del caveau

LECCE – Due abitazioni, una rimessa per auto, il complesso immobiliare“Ex Alaska”, tre compendi aziendali con relative quote societarie, un appezzamento di terreno, una“Jaguar”, un furgone e sette rapporti finanziari. E ancora: un supermercato, una tabaccheria e un bar. 3 milioni di euro di beni -a lui riconducibili- sono stati sequestrati a Piero Fiore, 48enne di Veglie, “ritenuto -scrivono gli investigatori- socialmente pericoloso sulla base delle risultanze emerse dalle indagini condotte congiuntamente dalla Questura di Lecce e dalla D.I.A., condannato, tra l’altro, per l’eclatante furto commesso all’interno del caveau della filiale della BNL di piazza Sant’Oronzo, a Lecce, nel novembre del 2018.

Il Tribunale di Lecce – Sezione Misure di Prevenzione – su proposta del Procuratore della Repubblica del Questore di Lecce e del Direttore della DIA, ha emesso un decreto di sequestro di prevenzione patrimoniale dei beni riconducibili, appunto, all’uomo di Veglie.

La misura di prevenzione patrimoniale è stata eseguita nel comune di Veglie dalla Divisione Anticrimine della Questura e dalla sezione operativa della D.I.A.

Le indagini patrimoniali sono state incentrate sulla ricostruzione del profilo criminale temporale e sull’analisi delle posizioni economico-patrimoniale dell’uomo e del suo nucleo familiare.

Il furto in banca fu clamoroso e fruttò ai ladri un milione di euro: era l’11 novembre del 2018. Gli impianti di sicurezza furono completamente neutralizzati. Un componente della banda entrò nel caveau e si chiuse in un armadio di metallo così da schermarsi ai sensori di movimento. Fu manomesso dall’interno anche il sistema antifurto Time Lock, quello che non consente l’apertura della porta blindata prima di un dato orario, così da permettere ai complici di aprire la porta corazzata ed entrare, per poi richiudersi dentro. La banda rimase lì per due giorni e svuotò un’ottantina di cassette di sicurezza. Due anni dopo, quattro persone furono arrestate dalla Polizia. A incastrarle, anche il dna ricavato da una bottiglia di plastica contenente urina e da un paio di guanti da lavoro lasciati sul luogo del colpo.

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