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Un genio spesso non capito, 20 anni senza Carmelo Bene

LECCE- Vent’anni fa moriva il salentino Carmelo Bene. Scardinò gli schemi del teatro reinterpretando la letteratura, una personalità straordinaria e multiforme spesso criticata ed apprezzata solo dopo la morte

 

Genio e sregolatezza, definizione spesso abusata, è la sintesi perfetta del talento smisurato e multiforme di Carmelo Bene, all’anagrafe Carmelo Pompilio Realino Antonio Bene, nato a Campi Salentina il 1º settembre 1937 e morto a Roma il 16 marzo 2002, esattamente vent’anni fa. Attore, regista, drammaturgo, ma anche filosofo, scrittore, poeta di straordinaria personalità e creatività, Carmelo Bene ha scardinato i paradigmi del teatro italiano e della comunicazione artistica. Il passare del tempo non ne ha impolverato la fama né la memoria, e sulla Rete continuano a spopolare i frammenti delle sue memorabili apparizioni televisive, dei suoi monologhi, dei suoi leggendari duelli verbali.

L’opera complessiva di Carmelo Bene – dal teatro al cinema, dalla letteratura alla televisione e alla radio – abbraccia un immenso patrimonio d’arte intriso di salentinità, di quell’essenza barocca del “sud del sud dei Santi”, com’egli stesso definì il lembo di terra che l’aveva partorito.

Nei suoi occhi a volte meravigliosamente dannati e nei suoi gesti un magnetismo a cui è impossibile sfuggire, nelle sue parole e nei suoi silenzi una teatralità innata e volutamente esasperata che trapassa il tempo e lo schermo. Voce di tuono che si abbassa fino a farsi bisbiglio, sussurro. Sempre dissacrante, scomodo, sincero fino alla brutalità, in lite perenne con le convenzioni. Lui, che nel nome portava il significato dell’ebraico Karmel (giardino di Dio), in una delle sue frasi più celebri dichiarò “Non è Dio che crea noi, ma è sempre l’uomo che ha creato Dio”. Un ribaltamento di prospettiva che lo faceva apparire blasfemo, nella religione come nell’arte, quando affermava che “il pensiero è un risultato del linguaggio” dando primogenitura alla parola rispetto alla ragione.

“Mi ostino a vivere perché anche da morto io continui a essere la causa di un disordine qualsiasi”: il suo epitaffio è diventata una profezia, perché il talento immortale di Carmelo Bene continua a disturbare e sconquassare.

 

Mariella Vitucci

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