TARANTO – Un’eventuale conferma dell’ordine di spegnimento potrebbe vanificare tutti i tavoli romani tra Arcelor e Governo che si sono tenuti fino ad oggi.
È attesa per questo lunedì la discussione del ricorso presentato dai legali dell’Ilva in Amministrazione straordinaria al Tribunale del Riesame di Taranto, contro la decisione del giudice Francesco Maccagnano di respingere l’istanza di proroga della facoltà d’uso dell’Altoforno 2 dello stabilimento.
Una decisione cruciale, si diceva, dacché l’impianto in questione risulta fondamentale per il ciclo produttivo, continuando a rivestire un ruolo primario sia nel piano industriale di Arcelor (che ne prevede la dismissione nel 2023) sia in quello alternativo al quale il Governo sta lavorando e che ne prevede la dismissione nel 2022.
Per la trattativa in corso sul Siderurgico, in base a quanto stabilito dal Tribunale di Milano nella causa civile, ArcelorMittal e Ilva (in As) hanno tempo fino al 31 gennaio per raggiungere un accordo vincolante, con udienza fissata al 7 febbraio.
Dunque il tempo stringe.
È fondamentale inoltre ricordare come la multinazionale franco-indiana abbia indicato tra i motivi della richiesta di retrocessione dal contratto di affitto, proprio la mancata ottemperanza, da parte dei commissari dell’ex Ilva, alle prescrizioni imposte dalla magistratura per l’Afo2, dopo la morte dell’operaio 35enne Alessandro Morricella, ucciso perché investito da una fiammata mista a ghisa incandescente nel giugno di 4 anni fa. Da quel giorno (nel 2015) ad oggi non si è ancora proceduto di fatto all’automazone del campo di colata: tecnologia, questa, che avrebbe impedito quell’incidente mortale sul lavoro.
Ilva aveva già ottenuto diverse proroghe per adempiere a tutti gli obblighi, il Tribunale ha ritenuto dunque di non concederne altre.
Adesso la parola passa al Riesame. Taranto trattiene il fiato, per i sindacati l’eventuale spegnimento “immediato” dell’impianto rappresenterebbe una pietra tombale.
