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La vigilia dell’Immacolata in Salento tra ricordi e tradizione

LECCE (di M.Cassone) – “Nonna ho fame”… “Oggi non si fa colazione, è la viglia dell’Immacolata”; chissà quanti di noi ricordano così la loro prima vigilia dell’Immacolata, il primo 7 dicembre. Sono le nostre nonne che ci hanno insegnato il valore delle tradizioni e l’amore per questa terra meravigliosa.

La vigilia dell’Immacolata in Salento è il dolce suono che annuncia l’arrivo delle feste, è il giorno dei sapori speciali e di solito coincide col primo freddo che ci avvicina al caminetto “scoppiettante” di calore familiare.

Iniziava così, saltando la colazione, la giornata di purificazione prima della festa. La carne è bandita dalle tavole in questo giorno così importante detto di “digiuno” dove è possibile mangiare soltanto la puccia e le pittule, preparate dalle sapienti mani delle nostre madri e dalle nostre nonne che al ritorno da scuola ci accoglievano con le tavole imbandite di semplicità. Ci hanno spiegato che questi enormi panini bianchi, preparati a casa il più delle volte (oppure dal fornaio di fiducia) con farina, lievito madre, acqua e sale, potevamo imbottirli, in questo giorno speciale, soltanto con pomodoro, mozzarella, tonno, capperi e, volendo esagerare, con le conserve naturali preparate in casa.

Ci ritrovavamo tutti, con i cugini e gli zii, giocavamo e ci dividevamo questa puccia (enorme per noi bambini) non capendo il vero significato del “digiuno”, ma stavamo bene, eravamo felici.

Poi il forte odore delle pittule colorava le nostre stanze mentre scoppiettavano nel fumante olio che le dorava e le rendeva bellissime e pronte per essere gustate bollenti; sono un’opera d’arte le pittule salentine, tutte diverse come forma e consistenza. Si preparano con acqua, lievito di birra e farina e si lasciano friggere nell’olio fumante, ed è possibile con tanta fantasia, quella appunto delle nostre nonne, arricchirle, direttamente nell’impasto, con baccalà, olive, tonno, cipolla… tanti gusti forti e originali per palati diversi.

La vigilia della festa in onore della Beata Vergine Maria, nella tradizione cristiana, è il giorno in cui si conclude la novena in suo onore e inizia il percorso verso il Natale, verso la nascita di Gesù. Ed è vissuto come il giorno di purificazione prima di accogliere la grande festa, la grande speranza dell’arrivo del figlio di Dio che diventa uomo tra gli uomini.

Noi bambini lo aspettavamo per fare qualcosa di speciale, per ascoltare i racconti dei nonni, per soffiarci addosso la farina che ricopriva quelle “puccione” ancora calde, e perché tutto quello che era “famiglia” ci arricchiva e ci rendeva felici.

La giornata terminava con la cena a base di pittule, baccalà con le patate e/o “rapacaule nfucate”.

Raccontare i nostri ricordi alle generazioni future, cercando di conservare le tradizioni e i veri valori della famiglia è molto importante, è la base sulla quale costruire un futuro fatto di cultura, semplicità e virtù.

 

 

 

 

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