LECCE – Dalla chiamata al 118 all’effettivo arrivo dell’ambulanza sarebbero trascorsi tre quarti d’ora: così il loro secondogenito, Mattias, sarebbe morto a bordo del mezzo di soccorso prima di emettere il suo primo vagito.
È quanto ha denunciato una coppia di San Donato di Lecce che intende sapere se questa tragedia poteva essere evitata.
Il sostituto procuratore Massimiliano Carducci ha aperto un fascicolo d’inchiesta con l’ipotesi di reato di omicidio colposo. Sei gli iscritti nel registro degli indagati: la ginecologa del consultorio che ha seguito la partoriente, due ginecologhe del Fazzi e il personale a bordo dell’ambulanza che ha raggiunto e trasportato la donna in ospedale.
Stando a quanto ricostruito sino ad ora, la gravidanza non era stata semplice. A maggio la donna aveva scoperto di essere in dolce attesa, affidandosi ad un consultorio di San Cesario. A inizi novembre la prima chiamata al 118 per forti dolori alle gambe e al basso ventre: dopo gli accertamenti al Fazzi, era stata dimessa con la diagnosi di “algie inferiori” riconducibili alla 30esima settimana di gravidanza. Il 17 novembre era poi tornata in consultorio per accertamenti su emoglobina e tiroide, i cui valori nelle ultime analisi erano risultati alterati.
All’alba del 25 novembre il drammatico epilogo. La donna si sveglia in preda ad una emorragia. Durante il trasporto in ambulanza il battito del feto risulta assente. Nel reparto di ostetricia la diagosi: distacco totale della placenta. Sabato sul feto è stata effettuata l’autopsia. La famiglia punta il dito contro il ritardo dei soccorsi e sul calcolo del termine di gestazione: aspetti che potrebbero aver inciso sul tragico epilogo e che le indagini accerteranno.
