Ci sono tre indagati per la morte di Stefano Urso, il 54enne di Salve deceduto giovedì sera durante un blitz antidroga in un’abitazione di via Indipendenza a Presicce-Acquarica. Si tratta di tre poliziotti 41 e 45 anni, tutti in servizio presso il Reparto Anticrimine della Questura di Lecce e difesi dall’avvocato Sebastiano Conte. Nei loro confronti il pm Maria Vallefuoco ha ipotizzato il reato di omicidio preterintenzionale in concorso.
L’irruzione era scattata nell’ambito di controlli mirati, dopo alcune segnalazioni di sparatorie riconducibili a contrasti legati allo spaccio. All’interno dell’abitazione erano presenti più persone. Secondo le prime ricostruzioni, uno dei soggetti avrebbe aggredito gli agenti al momento dell’accesso, mentre Urso ha accusato un malore improvviso, accasciandosi a terra nel giardino. I poliziotti hanno prestato i primi soccorsi, ma per l’uomo non c’è stato nulla da fare. La salma è stata trasferita alla camera mortuaria del “Vito Fazzi” di Lecce, in attesa dell’autopsia affidata al medico legale Alberto Tortorella, prevista per il 19 dicembre. L’esame sarà decisivo per chiarire le cause del decesso.
Durante la perquisizione, gli agenti hanno rinvenuto circa 35 grammi di crack, strumenti di pesatura, oltre 800 euro in contanti ritenuti provento di spaccio e un allaccio abusivo alla rete elettrica. All’esterno è stato sequestrato un veicolo con evidenti fori di proiettile, legati alle segnalazioni che avevano portato al blitz.
Per questi reati, sono stati arrestati il proprietario dell’immobile, Antonio Viola, 35 anni, e la sua compagna, Alessia Potenza, 26 anni, ora in carcere con l’accusa di detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio e furto aggravato. Nelle scorse ore, insieme al loro avvocato Davide Botrugno, davanti al gip Angelo Zizzari per l’interrogatorio di convalida, entrambi hanno chiarito la propria posizione. La difesa ha chiesto per Antonio Viola la scarcerazione o gli arresti domiciliari, sostenendo che lo stupefacente non era a lui riconducibile. Per Alessia Potenza, invece, è stato sollecitato il trasferimento in comunità terapeutica.
Stefano Urso era noto alle cronache locali, con una lunga storia di dipendenze. Da poco uscito dal carcere dopo una condanna per danneggiamento, era seguito dal Centro di igiene mentale e aveva fatto ricorso a comunità riabilitative.
Intanto i legali dei familiari di Stefano Urso, costituitisi parti offese con gli avvocati Davide Micaletto, Luca Puce e David Alemanno, hanno depositato un’istanza alla Procura chiedendo che, in vista dell’autopsia, venga estesa la partecipazione anche ai due arrestati nel procedimento connesso. Secondo loro, la richiesta è necessaria per evitare, in futuro, possibili problemi di inutilizzabilità degli elementi istruttori, qualora dovessero emergere profili di responsabilità per la “morte come conseguenza di altro delitto”.
