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Scacco alla Scu. Negli affari del clan anche usura e intimidazioni

Anche l’usura tra gli affari di una delle cellule più attive della consorteria mafiosa nota come Sacra Corona Unita e operante nel nord-Salento, sgominata dai carabinieri di Lecce, nell’ambito dell’operazione coordinata dalla Procura di Lecce. L’inchiesta ha messo in luce una sistematica attività di usura gestita da affiliati del clan, finalizzata a finanziare altre attività illecite e a consolidare il controllo del territorio. Imprenditori in difficoltà economica venivano puntualmente contattati e vincolati a tassi usurari pari al 10 % mensile, ovvero circa 120 % annuo, con richieste di restituzione immediate e modalità di sollecito intimidatorie.
Dalle intercettazioni emerge che l’usura era affidata a uomini-chiave del gruppo, come Ivan Perrone e Daniele Papa ritenuti principali “riscuotitori” del clan, delegati a incassare i proventi, custodire le armi e gestire i rapporti con le vittime. In una intercettazione del maggio 2021 si legge: «…ieri mi diede cinquecento euro per portargliele e mi ha detto: che mo’ fra dieci giorni, sistemava di nuovo…». Le vittime erano sorvegliate, controllate nei pagamenti e ricattate in caso di ritardo, facendo dell’usura un fattore di repressione economica e assoggettamento sociale.
L’attività usuraria non era un episodio isolato ma parte integrante dell’organizzazione armata: la richiesta di denaro a tassi estorsivi era strettamente connessa alle attività di traffico di stupefacenti, estorsione e armi, rendendo il prestito a tasso usuraio un “ponente” fondamentale del sistema criminale. Per gli inquirenti Giuliano Notaro e Giuseppe Martena, già condannati per associazione mafiosa, sono i promotori o i controllori della catena usuraria.
Tra le vittime, spesso commercianti e imprenditori locali, neppure consapevoli di essere entrati nella morsa di un patto capestro. Il clan avrebbero elargito un prestito di 10mila euro al gestore di una pizzeria di Trepuzzi, 20mila euro ad un Vigile urbano, ricevendo in cambio, anche in questo caso, un corrispettivo aumentato del 10 per cento mensile, pari ad un tasso annuo del 120 per cento. Stessa modalità nei confronti di un parrucchiere della zona. Chi si trovava poi in difficoltà economiche e non riusciva a pagare il dovuto, finiva per essere minacciato anche con frasi del tipo “dove ti vedo, vedo, ti spacco la testa”.

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