Restano critiche ma stabili le condizioni dell’appuntato Alberto Mangia, il carabiniere neretino di 37 anni rimasto gravemente ferito nell’esplosione del casolare di Castel d’Azzano, nel Veronese, durante l’operazione di sgombero in cui hanno perso la vita tre suoi colleghi. Ventisette, invece, i feriti, tra militari dell’Arma, poliziotti e vigili del fuoco. Tra questi c’è Mangia, in servizio al reparto Aliquota di Primo Intervento di Padova. Il carabiniere salentino è ricoverato all’ospedale di Borgo Trento e mantenuto in coma farmacologico. I medici parlano di una situazione molto seria, ma non di pericolo di vita.
Accanto a lui, dal primo momento, il padre Sergio e la madre Anna, partiti da Nardò per raggiungerlo. La famiglia, scossa e riservata, si è chiusa nel silenzio, sostenuta dall’affetto di un’intera comunità che prega perché Alberto possa presto tornare a casa, tra i suoi cari e nella sua terra.
La sua è la storia di un ragazzo partito dal Salento a soli diciannove anni per arruolarsi nell’Arma, spinto da un profondo senso del dovere e dal desiderio di servire il Paese, senza mai dimenticare le proprie radici.
Venerdì pomeriggio, nella Basilica di Santa Giustina a Padova, si celebreranno i funerali di Stato dei tre carabinieri caduti Marco Piffari, Davide Bernardello e Valerio Daprà, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, della premier Giorgia Meloni e delle più alte cariche dello Stato.
A Nardò, presso il monumento ai caduti di Nassiriya, i carabinieri della compagnia di Gallipoli, insieme ai colleghi dell’Associazione Nazionale Carabinieri, hanno deposto un mazzo di fiori e osservato un minuto di silenzio in segno di vicinanza al collega ferito. Un gesto semplice, ma carico di commozione, condiviso da cittadini e rappresentanti delle istituzioni locali.
A Lecce, invece, nella sede del comando provinciale dei carabinieri, la polizia di stato ha reso omaggio ai militari caduti con le sirene accese e un minuto di silenzio.