Anni di violenze tra minacce, insulti e privazioni. Il Tribunale di Lecce ha condannato a un anno e quattro mesi di reclusione, con pena sospesa, un uomo di Sannicola ritenuto colpevole di maltrattamenti in famiglia ai danni della moglie.
Secondo quanto accertato, tra il 2010 e il luglio 2017 l’uomo avrebbe sottoposto la donna a un regime di vessazioni psicologiche e morali, fatto di insulti, minacce, umiliazioni e atteggiamenti autoritari, spesso aggravati dall’abuso di alcol. “Non vali nulla nella vita, non hai mai contato niente, brutta zingara, è meglio che vai a fare la puttana” — frasi di questo tenore, pronunciate anche davanti alle figlie minori, compongono il quadro ricostruito in sentenza.
Il comportamento dell’imputato avrebbe provocato nella moglie uno stato ansioso da stress psico-fisico, come documentato dal certificato medico dell’Asl di Gallipoli. L’uomo, inoltre, avrebbe omesso di contribuire in modo adeguato al mantenimento della famiglia, versando somme irrisorie – 5 o 10 euro al giorno – per il sostentamento della moglie e delle figlie.
La donna, esasperata, si era rivolta ai carabinieri dopo l’ennesimo episodio di aggressione verbale avvenuto nel luglio 2017, quando, al termine di una giornata al mare, il marito l’avrebbe insultata davanti a una delle figlie per un banale diverbio. Nel tempo, le continue umiliazioni e la precarietà economica l’hanno condotta a una grave depressione.
La persona offesa è stata difesa dall’avvocato Letizia Di Mattina, che sottolinea come la vittima, dopo anni di silenzio, sia riuscita a trovare la forza di reagire e denunciare.
Il giudice ha escluso l’aggravante della preordinazione del reato in stato di ubriachezza, ma ha riconosciuto la piena responsabilità dell’imputato per i maltrattamenti, definendo la condotta “idonea ad annichilire la personalità della vittima”. Con il giusto supporto, – commenta l’avvocato Di Mattina – la donna ha trovato la forza di riprendere la propria battaglia e di intervenire anche nel procedimento penale che la riguardava e che, nel frattempo, era proseguito d’ufficio vista la gravità dei fatti contestati, fino a giungere alla sentenza di condanna dell’ex marito”.